IL VALORE DEL PERDONO

Il senso del perdono ha molteplici sfaccettature, la più pregnante è sicuramente quella religiosa legata alla misericordia del Dio che perdona i peccati a chi li ha commessi.
Passando però a qualcosa di più profano viene da chiedersi come nasce da un punto di vista psicologico il perdono, a quali condizioni è legato e quali sono i suoi effetti.
Il valore del perdono all’interno delle “close relationship”, quelle relazioni tra amici, partner, genitori e figli, è particolarmente interessante per la psicologia che da diverso tempo ha iniziato ad occuparsi delle sue implicazioni sociali.

Le caratteristiche psicologiche del perdono fanno sì che la persona che lo mette in atto perda quel senso di rivalsa nei confronti di chi lo ha ferito ed abbia la necessità di riappacificarsi con lui. L’esigenza di riconciliarsi è qualcosa che viene dopo il perdono. Potremmo infatti pensare al perdono come determinato dall’insieme di cambiamenti motivazionali interni all’individuo offeso, grazie ai quali egli si pone nell’interesse di recuperare la relazione con la persona che gli ha fatto del male. Quando invece parliamo di riconciliazione stiamo parlando di una serie di scambi interattivi tra l’individuo offeso e colui che l’ha offeso, grazie ai quali e con uno sforzo congiunto i due arrivano a ricomporre il loro reciproco rapporto.

Spesso il perdono si basa sull’importanza che chi subisce un torto o un’offesa attribuisce alla relazione con colui o colei che l’ha offeso; ma è anche mediato da fattori culturali, sociali, da interessi, ecc. Nel perdono si presuppone una disponibilità alla riappacificazione da parte di chi è stato offeso, mentre nella riappacificazione o riconciliazione tale predisposizione deve essere presente sia nella vittima che nell’artefice affinché entrambi mettano in atto comportamenti che favoriscono il ritorno alla normalità. A questo punto riconciliarsi sembra un’attività più complessa del perdonare.

Nelle close relationship gli effetti del perdono sono indubbiamente positivi: ciò viene valorizzato dalle osservazioni e sperimentato dalla psicologia sociale ma anche da attività di psicologi di coppia e familiari, ciò vale sia per chi perdona che per chi viene perdonato. Chi concede il perdono riesce a liberarsi di emozioni negative come: risentimento, rabbia, amarezza, ecc., ma anche da pensieri ricorrenti che alimentano il malessere psicologico legato all’evento offensivo. In quest’ottica perdonare aiuta a liberarsi della negatività in una volontà di autoprotezione. Inoltre concedere il perdono permette all’artefice dell’offesa di assumersi le proprie responsabilità, a fare ammenda ma anche a ridurre eventuali sensi di colpa e rimorsi.

Una relazione in cui si attua un meccanismo di perdono indubbiamente diviene più stabile e più forte, più intima e matura rispetto al rapporto originario. Il perdono autentico non è un processo automatico né immediato. Cancellare il rancore in modo definitivo, un perdono che dura nel tempo richiede un complesso lavoro cognitivo, emotivo e relazionale. Sentimenti come: l’altruismo, la disponibilità a sacrificarsi, la cooperazione, la capacità di essere accomodanti, sebbene distinti dal perdono hanno con questo sentimento delle affinità.
Per interpretare a livello psicologico il processo che sottostà al perdono si può fare riferimento al modello di Mc Cullough et al. teorizzato nel 1998. In esso ritroviamo le determinanti affettivo-cognitive, cioè relative a quanto e ciò che prova la vittima sia rispetto all’offesa che a colui che l’ha attuata. Si deve tenere in considerazione qui: l’empatia, i processi attributivi, la tendenza a rimuginare. Meno sarà empatica la vittima nei confronti di chi l’ha offeso, più gli attribuisce la responsabilità, più rievoca il torto subito e meno probabilmente lo perdonerà.

Altre determinanti importanti sono quelle riferite all’atto offensivo. Sicuramente il comportamento di chi offende, associato al tipo di offesa ed alla durata della stessa hanno un’elevata importanza. Se chi offende ammette fin da subito le proprie colpe e si dimostra rammaricato per ciò che ha fatto agevola sicuramente il sentimento di ricongiungimento poiché tale atteggiamento rassicura la persona ferita rispetto al riverificarsi di un comportamento simile.

Possiamo a questo punto prendere in considerazione le determinanti relazionali, cioè quelle che si riferiscono al contesto relazionale che sottostà all’accaduto. Quanto più due persone sono legate da un rapporto intimo soddisfacente, fatto di reciproca fiducia e coinvolgimento emotivo tanto sarà più probabile il perdono. Persone legate da una relazione intima sono più portate al perdono poiché vogliono preservare la relazione sulla quale hanno deciso di investire. Anche la conoscenza approfondita della persona che si ha accanto è un vantaggio perché avere accesso a pensieri, sentimenti e motivazioni profonde dell’altro favorisce sentimenti di empatia.

Infine l’attitudine alla vendetta ossia quella che fa parte delle determinanti connesse a disposizioni stabili insieme all’arrendevolezza, gli stili di reazione alla rabbia, i principi etici, le convinzioni religiose possono influenzare l’attitudine o meno al perdono.
Questi meccanismi di natura socio-cognitiva influenzano anche il perdono nelle relazioni sociali ossia quei rapporti meno confidenziali (colleghi di lavoro utenti e dipendenti pubblici, semplici conoscenti, ecc.). Infatti l’influenza sull’opinione pubblica rispetto alle proprie colpe si gioca proprio dalla confessione o meno delle stesse. Tanto più se la confessione precede l’accertamento della colpevolezza. È però necessario notare che gli studi hanno confermato che gli effetti benefici dell’ammissione della colpa sono a vantaggio di chi viene perdonato, questa cosa potrebbe portare persone ciniche e calcolatrici a reiterare comportamenti dannosi per la comunità.

In definitiva possiamo vedere il perdono come un processo psichico per niente immediato e che deve passare attraverso varie fasi per essere autentico e duraturo. Un perdono repentino soprattutto se riferito a offese rilevanti e dolorose non può essere genuino e sul lungo periodo porterà sicuramente a rancore.
Il perdono come processo anche in ambito terapeutico è qualcosa che serve alle persone per crescere ma anche per risolvere gli inevitabili conflitti che si innescano. Chi viene ferito o offeso tende in un primo momento a vivere un disorientamento emotivo per la discrepanza tra il comportamento della persona, magari il partner e le proprie aspettative nei suoi confronti e nei confronti della relazione stessa. Allo stesso tempo chi è vittima di un grave torto (che può essere anche un tradimento o la comunicazione da parte del partner di un’insicurezza sulla relazione) da parte del partner comincerà ad elaborare interpretazioni distorte dell’accaduto e delle cause. Rabbia, collera, delusione e tristezza fino a depressione rappresentano la gamma di emozioni che attraverserà la vittima ma mano che andrà avanti.

Il processo psichico che porta al perdono è simile a quello che permette di superare un trauma, un processo costruttivo che passa attraverso tre fasi simili ad obiettivi terapeutici. Capire innanzitutto i fattori personali del partner e dell’ambiente circostante che hanno innescato quella determinata situazione serve soprattutto ad avere (da parte della persona ferita) una visione meno distorta dell’accaduto. Questa prima fase pur essendo la più importante è difficilmente quantificabile poiché può far riaffiorare vicende ed emozioni a lungo sepolte. In seconda battuta è necessario spostare il centro dell’attenzione sulla vicenda; quindi la persona ferita deve riuscire a prendere le distanze dagli avvenimenti ed essere meno vittima di pensieri ossessivi. Tutto ciò dovrebbe portare, alla fine, ad una diminuzione di comportamenti punitivi affinché la persona offesa torni a provare autentica compassione per il partner e l’andamento della storia che provoca dolore in entrambi.

Un lavoro psichico doloroso e faticoso che dipende da molte variabili e non è detto che avvenga, quindi incerto. Impegno e responsabilità verso l’altro e verso la relazione portano a guardare avanti poiché i legami rappresentano un bene da tutelare e da coltivare che richiedono capacità di investimento a lungo termine. Negare o minimizzare situazioni deprecabili o fatti violenti e crudeli non significa dare vita al perdono. Esso nasce da un’altra dimensione ed è legato alla riscoperta della nostra identità in relazione alla persona che abbiamo al nostro fianco. Anche nelle situazioni disastrate è importante portare in salvo qualcosa di positivo che abbia caratterizzato il legame. Solo così si potrà andare avanti con o senza chi ci ha feriti, perdonando prima di tutto noi stessi e poi l’altra persona.

Per approfondire:
Eugenia Scabini “Il perdono” in Psicologia Contemporanea, Mag-Giu. 2000, n.159, pp. 50-55

© Dott. Pasquale Saviano
Psicologo – Psicoterapeuta