Lo schermo non para i colpi: l’Italia dice no al cyberbullismo

Può essere virtuale qualcosa che spinge a compiere gesti estremi? Parliamo del cyber-bullismo una realtà digitale sempre più tangibile dietro uno schermo che non para i colpi.

È cyberbullismo una foto o un video denigratorio pubblicato sul web o condiviso in chat.

È qualsiasi parola ingiuriosa, usata per attaccare, intimidire, minacciare. D’altronde anche le parole, come scrisse Carolina Picchio prima di morire, possono fare più male delle botte.

Le conseguenze fisiche e psicologiche di un atto di cyberbullismo, infatti, possono essere devastanti. Si va da frequenti crisi di pianto al sentirsi triste e depresso, fino all’autolesionismo, all’ideazione suicidaria o addirittura al suicidio.

Il cyberbullismo, poi, è solo uno dei tanti rischi che si annidano nella “rete”. Tra quelli che accompagnano o concorrono a questo fenomeno, troviamo:

#1 LO SHARINGCondividere o inoltrare può sembrare un’azione innocua. In realtà chi condivide è complice! La violenza cresce con l’aumento delle condivisioni. In poche ore si può essere esposti a una vera e propria gogna mediatica con gravi conseguenze psicologiche.

#2 L’HATE SPEECH: Parole cariche d’odio che si leggono nei commenti o nei messaggi a volte anonimi.

 #3 IL GROOMING: Adescamento di adolescenti da parte di adulti che si nascondono dietro falsi profili di coetanei. Nei giochi online, Playstation e canali YouTube vengono adescati soprattutto ragazzi; nei social network e sui blog, le vittime sono principalmente ragazze.

#4 IL SEXTING: Tendenza di inviare selfie intimi o video a sfondo sessuale. Tali contenuti possono essere diffusi o utilizzati in maniera impropria dal destinatario a cui si accorda fiducia. Sempre più diffuso è il cosiddetto revenge-porn: vendicarsi attraverso la pubblicazione sui social o nelle chat di materiale intimo e compromettente.

L’ITALIA DICE NO A TUTTO QUESTO ED È LA PRIMA IN EUROPA A FARLO. Non lo fa demonizzando la rete, atteggiamento che non risolve il problema, ma con una legge, la n. 71/2017. Se la rete è ormai diventata uno spazio che si vive quotidianamente, è giusto che vi siano strategie preventive e riparatorie per non perdersi tra le sue intricate maglie o, peggio, rimanerne intrappolati. È un ambiente nuovo anche per gli adulti che, non possedendo così tante conoscenze o esperienze digitali, non hanno la stessa consapevolezza e autorevolezza nel conoscere, e spiegare i pericoli del web, così come l’avrebbero, ad esempio, nell’ammonirli dai pericoli della strada.

La scuola viene riconosciuta come ambiente primario, insieme alla famiglia, per prevenire e contrastare il fenomeno con l’istituzione di un referente scolastico per il cyber-bullismo, la formazione del personale sul tema con la collaborazione della polizia postale e il ruolo attivo dei ragazzi attraverso interventi di peer education. A livello governativo si procede con un piano di azione e monitoraggio continuo per elaborare strategie sempre più efficaci per contrastare il fenomeno. Sono numerose, inoltre, le iniziative come www.generazioniconnesse.it per un’educazione alla cittadinanza digitale.

COSA FARE, QUINDI, SE SI È VITTIMA DI CYBERBULLISMO?

#1 La legge afferma che autonomamente le vittime (sopra i 14 anni) o i genitori delle vittime possono inoltrare al gestore del sito internet o del social media un’istanza per l’oscuramento, la rimozione o il blocco di qualsiasi dato personale del minore diffuso nella rete.

#2 Rivolgersi direttamente al garante per la protezione dei dati personali, qualora l’azione precedente non abbia raggiunto gli scopi sperati.

#3 Parlarne in famiglia, a scuola o a persone di riferimento che possono aiutare o indirizzare verso interventi che allevino la sofferenza e risolvano il problema.

Non bisogna dimenticare, infatti, che al di qua dello schermo esiste un’altra rete, non meno intricata forse, ma tesa a proteggerci!

 

Fonti:

http://www.gazzettaufficiale.it/eli/gu/2017/06/03/127/sg/pdf

Nella rete della rete. Report annuale Osservatorio Nazionale Adolescenza 2017