Quando a parlare è il corpo

Una concezione molto diffusa nella cultura occidentale, che ha ripercussioni sul modo di concepire la realtà della malattia, nella sua origine come nella sua natura, è una separazione netta quanto artificiosa tra mente e corpo, tra spirito e materia. Si pensa che esistano patologie organiche, con un’evidente origine somatica, e disagi psichici, che sembrano essere impalpabili e non individuabili nel corpo di chi ne è il portatore.

Tale visione così chiaramente dualistica non permette, invece, di cogliere le innumerevoli connessioni esistenti tra il corpo e lo psichico con notevoli ripercussioni sull’evoluzione e sulla terapia del disagio stesso.

Esistono malattie definite “storicamente” psico-somatiche, quali ulcere, psioriasi e via dicendo; altre chiaramente definite come organiche, quali tumori, infiammazioni ecc ecc. Spesso si trascura come, anche in patologie classicamente ritenute organiche, la componente psichica risulta fondamentale, non solo per valutare la gravità della patologia stessa, ma anche per determinarne il decorso e la possibile risoluzione.

E’ necessario vagliare sempre, in ogni forma di disagio corporeo, quale possa essere la componente psicologica presente, in modo tale che, coadiuvando al trattamento medico una terapia psicoterapica, si possano accelerare i tempi di risoluzione del malanno.

Il corpo, molto spesso, in modo e con linguaggi spesso ignoti, ci parla e ci svela. Possiamo affermare una cosa verbalmente e poi scoprire un gesto, un’intonazione, che tradisce un’emozione opposta. Il corpo quindi può essere veicolo di messaggi che stentiamo ad ascoltare, se non ignoriamo del tutto, presi come siamo dal conformarci a norme e dettami esterni che spesso mal si conciliano con le nostre aspirazioni interne.

E così, se a lungo andare, trascuriamo i messaggi che il nostro corpo ci invia, ecco che il corpo si ribella e sorge un sintomo (una tachicardia, una difficoltà respiratoria), il quale diventa simbolo di un messaggio che non abbiamo ascoltato e che “grida” per farsi udire.

In tale ottica, la comparsa di un sintomo può assumere anche connotati positivi, perché impone al soggetto di ascoltarsi, finalmente, offrendogli l’occasione per cambiare rotta e modellare la sua vita in modo tale da essere maggiormente conforme a motivi e bisogni interni fino ad allora poco o per nulla ascoltati. Il sintomo nasce come risultato, e al tempo stesso come simbolo, di un conflitto interiore il quale, in virtù della manifestazione somatica, trova un modo per esprimersi all’esterno, per comunicare.

Se cogliamo l’occasione offertaci dal sintomo per avviare una ricerca su quale siano le ragioni che hanno dato luce al sintomo stesso, allora possiamo dare il là ad una ricerca dentro di noi che porterà ad una riscoperta di se stessi, e poter così dare nuove basi alla nostra esistenza. Basi solide, autentiche, fondate sulle nostre esigenze più pure, emotive, singolari.

Per questo, ogni volta che il nostro corpo manifesta qualcosa di strano, di apparentemente incomprensibile, chiediamoci “cosa ci vuole dire?” e soprattutto “perché proprio in questo momento di vita?”. I Sintomi sono sempre attuali, e parlano non solo di storie passate, ma anche di situazioni presenti, testimoni come sono della nostra evoluzione e della nostra condizione esistenziale.

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