La mente dei piloti

I piloti sono sottoposti a un bombardamento di stimoli e nel frattempo devono agire nel modo più rapido possibile, non solo per raggiungere ottimi risultati, ma anche per evitare di commettere errori che potrebbero causare danni gravi.

Gli stimoli a cui sono sottoposti sono sia interni, come il livello di tensione e l’atteggiamento competitivo, sia esterni come i rumori del mezzo e la presenza di asperità nel percorso. Come potrebbero gestire così tanti input a una velocità elevatissima se non grazie a una mente speciale?

Al giorno d’oggi la ricerca connette sempre più i campi d’indagine psicologici a quelli neurofisiologici, fornendoci varie informazioni interessanti sul cervello dei piloti. Elevati livelli di attenzione aumentano la stimolazione delle aree dell’encefalo in cui il cervello rappresenta il movimento prima ancora che questo venga eseguito. Inoltre, i piloti hanno una maggiore connessione tra i due emisferi cerebrali grazie al lavoro che compie il corpo calloso che è l’area che connette i due emisferi. Le abitudini a elevate prestazioni dei piloti hanno un effetto plastico sul cervello: il loro encefalo si modifica creando nuove reti sinaptiche.

Un pilota, come ogni atleta, ha bisogno di gestire l’energia mentale di cui dispone poiché il cervello consuma 1/4 della nostra energia totale, ciò significa che in una situazione altamente stimolante, necessita di restare il più rilassato possibile per poi raggiungere l’attivazione ottimale durante i momenti più decisivi della gara.

I piloti pensano per immagini: rappresentano nella loro mente la mappa spaziale del circuito, riuscendo ad avere nel contempo sia una prospettiva soggettiva, di come si muovono nello spazio, sia generale del percorso, come se fosse visto dall’alto. Il loro è un cervello creativo, assimilabile addirittura a quello degli artisti; questa qualità gli permette di formare legami tra elementi remoti e quindi di compiere ragionamenti astratti in situazioni molto complesse come quelle della guida.

Come tutti gli sportivi, e forse più di molti altri, sanno vivere nel “qui e ora”: abilità indispensabile per affrontare una gara. La passione che porta ad amare un determinato sport, coinvolge al punto da perdere la concezione della fame e del tempo che passa mentre lo si pratica. È quando si fa qualcosa di davvero gratificante che il resto passa in secondo piano e si riesce a vivere pienamente il presente.

L’apice del coinvolgimento coincide con la sfida ottimale, ossia complessa, ma non troppo: è una questione di sottili equilibri. Durante una sfida ottimale il tempo è come se rallentasse: ciò aiuta a compiere tutte le azioni necessarie con il massimo controllo e maggiore disinvoltura, questo fa sì che i piloti possano reagire con elasticità adattandosi ai vari stimoli ambientali.

La capacità di percepire il tempo più lento permette di avere una velocità di pensiero superiore a quella della macchina.

Nel complesso, più i piloti riescono a raggiungere livelli attentivi elevati, tanta più consapevolezza acquisiscono, sia di sé, sia degli stimoli significativi, determinando così una migliore performance.

Dott.ssa Mariapia Ghedina – Psicologa