LETTERA DI UNA PSICOLOGA A BABBO NATALE: CI SI RISENTE

Caro Babbo Natale, Dopo un paio di anni dalla mia ultima lettera a te come psicologa, sono tornata a scriverti. È una sera di dicembre. Ma potrebbe anche essere ottobre, agosto, giugno o febbraio. È una sera dopo lavoro, dopo diversi colloqui, dopo parole che hanno riempito queste quattro mura del mio studio di storie ed emozioni di vita. La Sindrome del Salvatore, sono certa, è anche dentro di me, proprio per la scelta professionale che ho fatto; ma è una dinamica che ho ben presente, a cui ho dato un nome e che so tenere a bada. Però questa sera di dicembre, come quelle di ottobre, agosto, giugno o febbraio, e dopo aver incontrato nel mio studio Cinzia, Giulio, Matteo, Martina, Anna, Luisa, Marisa, Alessandro, Camilla, Enrico e molti altri adulti, adolescenti e bambini… io vorrei tanto chiederti una cosa. So che andrebbe contro i miei interessi, perché io, con questo lavoro, ci pago le bollette. Ma vorrei tanto, davvero tanto, che i nodi dei miei pazienti si potessero sciogliere “magicamente”. Sì, lo so, sono io stessa a dire ai miei pazienti che “la bacchetta magica non esiste e se esistesse l’avrei già data io a loro”. E so anche, prima ancora che per esperienza professionale, di certo per la mia storia personale, che questo della psicoterapia è uno dei tanti e buoni percorsi di vita per lavorare sulle proprie ferite, per imparare a stare in una sana e buona relazione, con l’altro, il terapeuta, e interiormente con le proprie parti buone, sane, quelle che ci servono per stare bene, per crescere, evolvere. Ricordo con il cuore pieno di affetto la mia analista. Affetto vero, puro, perché quello che si crea nel rapporto con la terapeuta è qualcosa di unico, non replicabile: quello è il Nostro spazio, abbiamo una persona che è lì, con corpo, mente ed emozioni, tutte per noi, per aiutarci, per sostenerci, a volte anche per “cazziarci”, quando la nostra parte bambina fa i capricci e stringe i pugni per rimanere nella sofferenza, replicando schemi, dinamiche e modelli non buoni per noi. La psicoterapeuta è lì, per noi. Lo so, lo so, il mondo è vario e si possono trovare mele marce ovunque, però io non posso e non voglio fermarmi su quelle. Voglio pensare ai tanti che lavorano bene, con il cuore, non per il guadagno materiale (che pur serve per arrivare a fine mese), ma per il guadagno interiore. Ci sono sicuramente moltissimi lavori arricchenti, come quello del medico, dell’insegnante, ma anche quello della barista, del commesso all’ortofrutta, del calzolaio. Tranquillo, riconosco che anche il tuo lavoro è di valore e non di poco conto: arricchisci la fantasia dei bimbi, li fai sognare emozionati nei giorni precedenti al tuo arrivo manifestato con i pacchi colorati sotto l’albero (e tu sai quanto io adori il Natale!)… ma, senza offesa, il tuo lavoro dura pochi giorni l’anno! Il mio è continuo, costante. Sono a contatto con dolore. Lacrime. Fatiche. Ferite mai cicatrizzate. Amputazioni del cuore. E su questo, con i miei pazienti, impariamo a starci, buttando fuori la rabbia, la frustrazione, il dolore immenso, piangendo tutte le lacrime che si hanno e arrivando a finire la mia scorta di Kleenex sulla scrivania. Ma, vecchio mio… tu non puoi immaginare che emozioni pazzesche si vivono in quello spazio di terapia. Quando si assiste alla nascita di un nuovo pensiero illuminante, alla scoperta e presa di coscienza che si possono fare altre cose e in altri modi rispetto a come si sono fatte fino a quel momento, che si può lottare per stare Bene, che si può esigere di avere un rapporto di coppia appagante e che, per questo, occorre tirare su le maniche non di due braccia, ma di quattro; le risate in seduta, le metafore che io e il paziente costruiamo per dare forma alla sua storia, per renderla concreta, più chiara ed esplicita. Però… oggi è una sera di dicembre. Fra pochi giorni terminerò le mie sedute dell’anno. Rivedrò i miei pazienti a gennaio e passeranno due-tre settimane senza i nostri incontri fissi, certi e costanti, e già questa è una magia in un mondo liquido dove tutto può cambiare, variare, dissolversi e distorcere alla velocità della luce. In questa sera di dicembre, che potrebbe anche essere di ottobre, agosto, giugno o febbraio, ti chiedo di guardare Cinzia, Giulio, Matteo, Martina, Anna, Luisa, Marisa, Alessandro, Camilla, Enrico e tutti gli altri “miei” adulti, adolescenti e bambini e, perche no, anche quelli che non conosco, che avrebbero tanto bisogno di aiuto, ma non hanno il coraggio di fare quel primo passo verso il cambiamento. Regala loro un istante di serenità. Non ho la pretesa che tu faccia passare loro un periodo “da sogno”, lo abbiamo detto che la magia non esiste. Però un istante, anche solo un istante di serenità, regalaglielo: guardando fuori dalla finestra il cielo stellato, mangiando un cibo che piace da impazzire, ascoltando i canti di Natale mentre fanno commissioni in giro per il centro, in una risata con i propri amici o familiari nel giorno di Natale. Ti chiedo solo questo. Grazie. © DR.SSA ILARIA CADORIN Psicologa n°9570 Albo Psicologi del Veneto www.ilariacadorin.com
ILARIA CADORIN
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