Gli effetti devastanti della violenza verbale

“Dove vai? Stiamo solo parlando!”. A molti sarà capitato di sentire questa frase durante un litigio. Viene pronunciata da uno dei due litiganti verso quello che vorrebbe abbandonare il campo.

È una frase molto scorretta, perché cerca di mitigare il peso delle parole. Sarebbe più onesto dire:

“Dove vai? Ti sto solo uccidendo!”

violenza verbale

 

La violenza verbale nasce quando la comunicazione è asimmetrica.

Quando si litiga in due, uno è sempre più agguerrito dell’altro e si comporta come se durante la discussione non esistesse nessun colpo proibito. Più nello specifico, ci sono persone che durante le discussioni pensano alle conseguenze delle loro parole, e altre che invece liberano tutta la rabbia che hanno dentro come se quel momento fosse scollegato da tutto il resto.

Questa dinamica della comunicazione è particolarmente evidente nelle coppie. A differenza di altri rapporti, come ad esempio quello tra capo e sottoposto o tra genitore e figlio, la relazione tra due che si amano deve essere simmetrica. Sulla carta la parola di lui vale quanto la parola di lei e viceversa. Proprio perché partono sullo stesso piano, le conseguenze di non pensare alle conseguenze di quello che si dice sono devastanti.

Se l’altro decide di abbandonare la conversazione, è proprio a causa di questa devastazione.

Perché senti il bisogno di importi con la violenza verbale.

Le persone che usano la violenza verbale durante le discussioni sono in grado di cogliere i punti deboli dell’altro e usarli come arma. Questa abilità, in questo caso usata nel modo più scorretto, non nasce dal niente ma è frutto di uno sguardo attento e indagatore sul mondo.

Sono persone curiose, attente e molto intelligenti.

Pagano il prezzo della loro fragilità. Chi attacca, verbalmente o fisicamente, lo fa perché si sente minacciato, è una risposta istintiva che fa parte della nostra storia genetica e biologica. C’è chi per attaccare ha sviluppato i muscoli e chi invece ha rinforzato il cervello.

La persona attacca verbalmente, quando lo fa ha la mente annebbiata, sa dove colpire per far male e lo fa a casaccio, senza alcuna progettualità. La sua mente ribolle dentro e si chiude a riccio per escludere il mondo esterno. Non c’è niente che puoi dire che lo farà calmare, vuole solo ferirti.

Riassumendo, chi attacca verbalmente:

– Ha un’elevata intelligenza speculativa

– È una persona molto fragile

– Fatica a controllare gli impulsi

 

Perché se ti attaccano non ti difendi.

Chi c’è dall’altra parte della barricata? Che tipo di individuo è quello che sopporta le urla isteriche e violente di un’altra persona?

Sono le persone introverse, quelle che appena qualcuno alza la voce perdono interesse per la conversazione. Osservano quasi sbigottiti la rabbia che esplode davanti a loro ma non si azzardano a toccarla. Dentro la testa non vedono l’ora che quel teatrino privo di contenuti finisca.

Riconoscono quanto di vero c’è nelle parole ascoltate grazie alla loro capacità di introspezione. Se così non fosse resterebbero sopraffatti dagli elementi emotivi del discorsi, quelli di rabbia.

Non rispondono perché mentre vengono insultati, pensano ai pro e i contro di quella relazione. La scelta se continuare o no quella relazione dipende da quanto sono marcati i tratti di dipendenza dagli altri.

Riassumendo, chi sopporta gli attacchi:

– Ha un’elevata intelligenza sociale

– È introverso

– Se sopporta più volte questo tipo di attacchi è probabile che sia dipendente

 

Gli effetti devastanti della violenza verbale.

La violenza verbale fa sempre male, sia che la relazione si concluda sia che continui.

Quando termina una relazione bisogna affrontare il dolore della perdita, ma se i casi di violenza verbale sono frequenti è senza dubbio la soluzione migliore.

Quando la relazione continua dopo un caso di violenza verbale, la situazione è ben peggiore. Primo, perché sdoganare questo tipo di comunicazione vuol dire che si ripeterà sempre più spesso. Secondo, perché la persona violenta dopo poco torna normale, ma non può cancellare quello che ha seminato durante le sue crisi d’ira.

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