Fumate di rabbia e aggressività: un caso clinico

Chi  non ha avuto fumate di rabbia e aggressività? Sarebbe inumano non aver avuto esperienze di tali emozioni. Almeno una volta nella vita, ogni abitante della terra, ha provato l’esperienza di arrabbiarsi e fumare di rabbia. Partiamo dal presupposto che quando parliamo di questa emozione, trattasi di un sentimento primordiale, inconscio spesso, derivante dal proprio istinto di difesa e adattamento. La rabbia solitamente arriva nei momenti di crisi o nei momenti di ristrutturazione cognitiva (quando si è depressi, quando si diventa genitori, quando c’è un grande cambiamento di vita, etc). Psicologicamente però, spesso uno scoppio di rabbia implica una iper-reazione a sottostanti sentimenti di impotenza, oppure si ha rabbia quando una certa situazione o comportamento è stato da noi tradotto come “non amore”. Finchè non diamo traduzione a quello che è successo, la rabbia non cesserà di abitare in noi.

 

Fumate di rabbia e aggressività. Psicologa Dr.ssa Ave. Un caso clinico per comprendere come curare e aiutare un paziente aggressivo.

 

Fumate di rabbia e aggressività: un caso clinico

Anche Mario, un mio paziente, spesso non pensava e la rabbia, l’aggressività , si impossessava di lui. Proprio così, quando Mario si arrabbiava a causa del proprio capo, esplodeva aggredendo il suo superiore. Ma cosa succedeva psicologicamente in questi momenti? A livello inconscio il mio paziente non riusciva a pensare, la coscienza veniva meno e agiva istintivamente. Davanti alla minaccia Mario dava libero arbitrio alla sua parte inconscia la quale si traduceva in comportamento e attaccava. In questo modo buttava fuori le angosce e le difficoltà relazionali che viveva con il proprio capo in ambito lavorativo. Pertanto la cosa fondamentale da capire è che quando una persona vive e reagisce in modo aggressivo, e ogni persona aggressiva, Mario compreso, non è capace di mentalizzazzione.

 

Fumate di rabbia e aggressività: curare l’aggressività

Per curare un paziente aggressivo e aiutarlo nella gestione dei propri momenti e stati di rabbia, è utile aiutarlo cognitivamente a dare parole ai propri stati emozionali. Intendo dire che il percorso di lavoro dovrà prevedere inizialmente una elaborazione accurata e dettagliata dei momenti in cui il paziente enuncia o ha vissuto esplosioni e comportamenti aggressivi, per saperli accettare, incasellare in una situazione, comprendere e interpretare in modo razionale. Chiarificare e poi interpretare le emozioni correlate è il passo successivo, fondamentale, in quanto l’obiettivo terapeutico diverrà quello di portare la persona a elaborare una logica tra emozioni-sentimenti-pensieri-comportamenti-situazione. Quando Mario è divenuto consapevole di questa logica, circa dopo 6 mesi di lavoro con me, a frequenza settimanale, sapeva autonomamente individuare la situazione, i suoi pensieri correlati, le emozioni che provava e i comportamenti che avrebbe voluto attuare. La sua coscienza era attiva, al punto che l’inconscio non poteva subentrare in maniera aggressiva esplodendo. Non solo la persona attuando questa consapevolezza imparerà a calmarsi, ma inizierà pian piano a saper vedere e saper placare il comportamento disadattivo, attuando un nuovo modo adattivo, per rispondere a certe situazioni della realtà.

Dr.ssa Ave Giada

 

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