Perchè non ignorare il pianto del bambino – Francesca Donno

Fame, dolore, capricci o bisogno di cure? Il pianto del bambino può far venire tanti dubbi, specialmente alle mamme e ai papà alle prime armi. Spesso infatti ci si chiede se quel pianto celi un reale bisogno oppure sia solo il frutto di un capriccio. E ci si interroga su quale sia la reazione più giusta da adottare: c’è chi risponde subito, chi minimizza, chi tende ad ignorare.

Certo, molto dipende dalla situazione, dal contesto e dunque di volta in volta le risposte potranno essere diverse, a patto però di partire da un presupposto: che con quel pianto, il bambino ci sta comunicando qualcosa e che dovremmo fargli capire che lo stiamo ascoltando;

Il pianto è il primo essenziale strumento di comunicazione di cui dispone il bambino e con il quale comunica la necessità di vicinanza della madre:

“Fin dal primo mese di vita, i neonati cominciano a manifestare un bagaglio di segnali finalizzati a favorire e richiamare la vicinanza fisica delle  figure che gli forniscono non solo nutrimento ma soprattutto cura e calore: una predisposizione innata a costruire e ricercare una relazione di attaccamento”. 

In situazioni ottimali, la madre si sintonizza con il pianto del bambino, rispondendovi adeguatamente: lo coprirà se avrà freddo, lo nutrirà se avrà fame, lo abbraccerà se avrà paura, manifestando dunque la sua disponibilità a prendersi cura di lui.

Altre volte però non è così semplice: piange perché ha fame, freddo o mal di pancia? O, se è un po’ più grande, perché è triste, arrabbiato o deluso? Come rispondere a queste richieste, diversissime tra loro?

C’è un’unica, semplice, regola generale: la cosa davvero importante è accogliere il pianto per quello che è, cioè la manifestazione di una richiesta di comunicazione.

“In questo senso, il pianto non andrebbe mai ignorato o minimizzato, ma dovrebbe sempre essere accolto. È importante far capire al bambino, con le parole, ma anche con i gesti, o con uno sguardo affettuoso, che ci siamo, siamo presenti e abbiamo capito che sta vivendo un disagio, anche se all’inizio non riusciamo a capire di che disagio si tratta. Già questo, in molti casi, aiuta a calmare la situazione”.

Accogliere le sue manifestazioni è importante perché tramite le piccole esperienze quotidiane di interazione con le figure di riferimento, il bambino inizierà a sviluppare le prime rappresentazioni mentali di Sè (chi sono, quanto valgo, di cosa sono capace ecc..) , degli altri (cosa mi devo aspettare dagli altri) e delle relazioni future.

Una madre in grado di interpretare e rispondere adeguatamente ai bisogni del bambino, contribuirà a strutturare una persona in grado di formare relazioni sane nella vita adulta: il suo bambino, saprà che nel momento del bisogno c’è qualcuno che si prenderà cura di lui; da adulto, saprà di essere degno di amore e affetto, sarà disponibile nei confronti dell’altro e probabilmente eviterà relazioni non equilibrate;

Al contrario, una madre non rispondente ai bisogni del bambino, che ignora sistematicamente il suo pianto, provocherà nel bambino un comportamento di rassegnazione alla mancanza di cure: ad un certo punto il bambino smetterà di piangere, non perché avrà trovato un modo efficace per consolarsi da solo, ma perché avrà imparato che nessuno risponderà alla sua richiesta e che nessuno si prenderà cura di lui; Questo è un comportamento a rischio per il suo sviluppo futuro: da adulto, saprà di non essere degno di ricevere amore e affetto e nelle relazioni non si aspetterà di riceverli.

Allo stesso modo, una madre non sempre disponibile nei confronti del bambino, contribuirà allo sviluppo di un attaccamento ambivalente: il bambino enfatizzerà il suo pianto o i segnali di ricerca di attenzioni, sperando che qualcuno si accorga di lui; Anche questo è un comportamento a rischio per il suo sviluppo futuro: da adulto, saprà che non sempre sarà degno di amore e affetto e dunque, nelle relazioni, sarà alla ricerca di continue conferme.

Ovviamente, molto dipende dalle situazioni; lo sappiamo tutti: siamo umani e fare il genitore è difficile, quindi può capitare a tutti di reagire male a un pianto, ignorandolo o dando una risposta alterata. Non è certo qualche situazione di questo tipo, che inevitabilmente capita, a compromettere l’equilibro del bambino. Il problema c’è se queste risposte inadeguate sono continue e ripetute.

Inoltre una condizione di vita in cui i bisogni del bambino vengono ignorati o trascurati in modo ripetuto è per lui fonte di grande stress, paragonabile a quello che può essere vissuto a causa di eventi traumatici come un lutto importante in famiglia. E ci sono ormai molti studi che mettono in relazione uno stress prolungato del bambino nei suoi primi anni di vita a un aumento del rischio di sviluppare, anche da adulto, malattie fisiche e psicologiche, come allergie o malattie autoimmuni, depressione, disturbi del comportamento alimentare.

In conclusione, il pianto non è un comportamento da ignorare o da mettere a tacere, ma un bisogno da ascoltare ed abbracciare;

 

Francesca Donno – Psicologa