AGGRESSIVITÀ: GESTIRE L’ISTINTO PIÙ DIFFICILE

Rabbia, odio, collera, violenza, distruttività tutte espressioni di un solo istinto: l’aggressività. Un istinto di per sé naturale, vitale, innato o acquisito (dibattito sempre aperto tra gli addetti ai lavori), che caratterizza più o meno tutti noi. Cercare di definirlo con una singola parola o una singola caratteristica (violenza, attacco, ecc.) significa usare termini riduttivi che fanno perdere di vista le sue tante sfaccettature.
L’aggressività infatti racchiude in sé una forza ed una potenzialità enormi che possono essere modellate e diventare qualcosa di estremamente dannoso, o di contro, qualcosa di positivo con caratteristiche di creatività e produttività.
Come testimoniano le produzioni artistiche di Van Gogh e Kubrick (Shining, Arancia meccanica) è possibile trasporre tale forza, spesso difficile da arginare in qualcosa di memorabile da lasciare ai posteri. L’uso che questi due artisti ne hanno fatto è stato quello di non liberare la forza vitale con estrema veemenza bensì esternarla con una dose di razionalità benché piccola. Cercando di dare “un equilibrio” ed una direzionalità a qualcosa di difficilmente arginabile.

Esiste, a tal proposito una cosiddetta “sana aggressività”; qualcosa da non reprimere, ma da lasciar fluire tenendola sotto controllo.
L’aggressività è un impulso primario che contraddistingue ognuno di noi, fondamentale per la nostra autoaffermazione, legato all’ambiente ed all’autoconservazione; ciò ci fa capire come aggressività e vita siano imprescindibilmente legati.
Riuscire a coniugare una visione positiva della vita con una conoscenza ed una gestione sana della propria aggressività permette di vivere in modo appassionato, curioso, mettendosi in gioco e cercando sempre di superare i propri limiti; favorendo una forte estroversione e calore negli approcci, esternando una forte carica vitale.

L’origine psicologica dell’aggressività è strettamente legata agli ostacoli. Ogni qualvolta c’è qualcosa che blocca o limita le nostre possibilità, si verifica l’arresto di un’esigenza che spesso consideriamo vitale, di conseguenza nascono frustrazione ed insieme reazioni legate all’aggressività: rabbia, attacco, collera, ira oppure, di contro, fuga. Quindi questa carica vitale insita in noi può andare verso l’esterno sviluppandosi sotto forma di attacco o verso l’interno, dove si trasformerà in rancore e sedimentandosi farà male alla mente ed al corpo producendo reazioni spesso psicosomatiche.
A questo punto viene da chiedersi da dove nasca la rabbia e dove confluisca, cosa ci stimoli e cosa produca in noi. La rabbia nasce dal cervello, a livello dell’ipotalamo ed è gestita da un’altra ghiandola: l’amigdala che insieme alle aree prefrontali ed al sistema limbico è deputata al controllo delle emozioni e della razionalità modificando tempi e manifestazioni della rabbia e delle altre emozioni.

La rabbia può assumere varie connotazioni o essere repressa. Infatti quando parliamo di una rabbia istintiva ci riferiamo alle reazioni di fronte a situazioni avverse, una rabbia immediata senza intervalli di tempo tra l’evento e la reazione.
Una rabbia razionale invece è caratterizzata da valutazioni emotive- affettive. Si verifica quando la neo-corteccia filtra le informazioni e le emozioni e le soppesa, spesso trattenendo la rabbia. Essa produce diverse reazioni possibili: ci si ricrede, cioè la si blocca a reazione già avviata, oppure si elabora una strategia vendicativa manifestandola a distanza con un’irruenza spropositata. La rabbia umorale infine è quella che si unisce ad umore e simpatia dando pieno mandato decisionale ai sentimenti. Ecco perché poi si verificano reazioni spropositate rispetto al problema e spesso irrazionali.

Come detto, la rabbia può essere anche trattenuta grazie all’amigdala che funge da controllore e ne impedisce l’espressione inibendo una reazione spontanea. Il risultato in questo caso provoca un accumulo di tensione nel corpo e spesso sfocia in reazioni psicosomatiche. A tal proposito a farne le spese è la testa che viene attaccata da dolori legati a pensieri aggressivi; questo perché la razionalità e l’eccessivo controllo ingabbiano rabbia e reazioni provocando molte cefalee nevralgiche.
Anche il cuore, chiaramente risente della rabbia in eccesso. È il caso di quando ci si sente traditi nelle proprie aspettative soprattutto da qualcuno a cui teniamo o che investiamo affettivamente. Si verifica con toni lamentosi più che aggressivi e può essere causa di disturbi del ritmo cardiaco.
Nel caso dello stomaco invece ritroviamo la classica tendenza a “mandar giù”, cosa che provoca un accumulo di rabbia da digerire “legata al procrastinare continuamente la vendetta”. Si possono verificare disturbi digestivi, bruciori, gastriti.
Infine nel caso in cui “l’organo bersaglio” della rabbia sia l’intestino ci troviamo di fronte al risultato di un giudizio dato a noi stessi, una sorta di disprezzo verso di noi per non aver reagito. È l’intestino a farsi carico di questi sensi di colpa ed a disfarsene simbolicamente, per esempio con attacchi improvvisi di colite.

Quando invece la rabbia è fulminea, diretta e scatta immediata essa è da considerarsi sana e difficilmente darà origine a disturbi psicosomatici o forme di nevrosi di varia natura.
Nel caso di un totale controllo degli impulsi aggressivi, la cosiddetta “rabbia fredda”, ci troviamo di fronte a persone insicure o fredde e calcolatrici, votate alla vendetta. Oppure, in caso di “rabbia corrosiva” che caratterizza individui iracondi che si arrabbiano spesso per i motivi più futili magari perché insoddisfatti e perennemente frustrati, abbiamo di fronte soggetti che tendono a sostituire ogni altra emozione con la rabbia o a filtrare tutto con un profondo senso di aggressività generando non pochi problemi nelle relazioni.

In conclusione: l’aggressività resta comunque una forza, un’energia che se adeguatamente gestita ed utilizzata può fungere da molla per raggiungere gli obiettivi che ci prefissiamo e che spesso sono difficili da raggiungere. Questo perché a differenza di ciò che accade nel mondo animale, nell’uomo, caratterizzato da processi cognitivi e razionali molto complessi, l’aggressività è utilizzata anche oltre che per l’autodifesa fisica anche per quella psichica.

Per approfondire:
M. Picozzi – C. Vitinger, E’ inutile che alzi la voce, La Feltrinelli

© Dott. Pasquale Saviano
Psicologo – Psicoterapeuta