Scrivere fa bene se lo fai per te stesso: come liberarti dall’ossessione dei LIKE

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Scrivere fa bene ma… ci hai fatto caso?

Ultimamente, forse più del solito, tendiamo a plasmare e costruire il nostro modo di comunicare per compiacere, assecondare o persuadere gli altri.

scrivere fa bene miracolo settimana da dio Jim Carrey

Aggiustiamo lo stile, il tono di voce, selezioniamo le parole, studiamo tutte le tecniche per influenzare o ottenere una rinfrancante pacca sulla spalla.

Nella versione negativa del tentativo di ottenere consenso, ho coniato il termine di rancore digitale. Rappresenta il tentativo, anche inconsapevole, di mascherare la frustrazione in una forma che genera approvazione.

Tutto questo tende a generare e a diffondere come un virus, come effetto boomerang, quello che può essere definito incitamento all’odio e a elicitare percezioni e sentimenti negativi verso gli altri e il mondo.

Nella versione buona della ricerca di approvazione, desideriamo che l’altro si senta rassicurato, che agisca o risponda, emotivamente e pragmaticamente, alle nostre parole.

Lettere marcate attraverso una scrittura ragionata, anche quando si è convinti che sia la quintessenza della nostra personalità, perché noi scriviamo come parliamo, perché il nostro inchiostro è genuino come un bicchiere di rosso, mica un artificio, un esercizio di stile o il tentativo di risuonare in un certo modo.

Ne sei certo? Sicuro sicuro, al 100%? Dimostralo.

Racconta un’esperienza che ti crea molto disagio e fallo con la certezza che quello che scrivi non sarà letto, commentato, mipiacciato o indirizzato a nessuno. Scrivi e basta. Non badare alla punteggiatura e alla grammatica.

Butta fuori quello che è lì che vaga nella testa però sii minuzioso nelle descrizioni, esplora con cura il tuo stato d’animo.

Poi fai la stessa cosa sapendo che quel racconto sarà letto da chi segue il tuo blog, da tua madre, da tuo marito, dal tuo capo.

Cosa cambia? E tu, come cambi? E la tua scrittura?

Scrivere è imprimere il tuo adesso su carta o su monitor:

appuntare il tuo presente che domani racconterà il tuo passato che potrai rileggere e rivivere in futuro. Certo, a distanza di tempo, le emozioni non saranno forse le stesse e nemmeno tu lo sarai.

Però attraverso quelle parole potrai gentilmente o con violenza far riaffiorare sensazioni, odori, suoni, percezioni, ricostruendo e narrando il tuo sè.

Sei il Tucidide di te stesso, lo sceneggiatore della tua esistenza, come Pollicino dissemini le tue briciole nel bosco della vita e puoi ripercorrere il sentiero battuto grazie all’inchiostro.

Scrivere è di beneficio e lo dimostra anche la scienza, con numeri e test alla mano.

Nel libro di Giada Cipolletta Scrivere fa bene, si racconta di quello che accade al nostro cervello quando scriviamo, di come la gioia si scriva in bianco, di quanto si enfatizzi il canto della tristezza e di come, una volta digitata, la rabbia tenda asvanire.

La scelta delle parole esprime i nostri stati d’animo, dice molto della nostra cultura, del contesto nel quale viviamo o abbiamo vissuto, manifesta la nostra attitudine.

Scrivere fa bene, a tutti. È economico, democratico, semplice e on demand, prima che lo fossero i contenuti sui device tecnologici.

La cosa bella dello scrivere è che chiunque può afferrare una penna e iniziare il viaggio esplorativo per entrare in contatto con se stesso.

Scrivere è il modo migliore per mettere ordine al caos, per trovare il bandolo della matassa, per dare un senso a quei subbugli che appannano la vita, per alleggerire la zavorra che piega l’esistenza.

Scrivere è un modo di affrontare e acquerellare la propria vita: mettiamo i puntini sulle i, grassettiamo quello che è importante, esclamiamo con veemenza, sospendiamo con ansia o rendiamo minuscolo quello che ha poco valore. Ma sia ben chiaro: una scrittura intima, solo per noi.

Può essere lacerante, dolorosa, colorata, scanzonata ma– sopra ogni cosa – finalmente libera dal giudizio. Anche il tuo.Lontana dagli sfoghi digitali, non richiede e non ha bisogno di conferme o pollici in su.

Un dialogo che parte dall’osservazione, i cui volumi sono eco del sentire più profondo. Riassapora la leggerezza di muovere le dita al ritmo dei tuoi pensieri, così come hanno voglia di presentarsi:

arruffati, sgrammaticati, lucidi, forse troppo cervellotici ma pieni zeppi di anima.

Non riesci a dirlo, allora prova a scriverlo.

Il groppo se ne sta lì, in gola.

Allora prendi carta e penna e prova a mettere nero su bianco quello che blocca la tua via di dialogo con l’esterno.

Scrivere per guarire dagli eventi traumatici, per sfogare la rabbia repressa, per afferrare i propri pensieri su carta, per sentire e leggere la propria emotività quando diventa parola, punteggiatura, grassetto, un simbolo indelebile che, a differenza del “detto”, resta e perdura nel tempo.

Nel libro Scrivere fa bene viene messo in evidenza, entrando nell’ambito della grafologia, psicologia e neuroscienze, il potere taumaturgico della scrittura.

L’assertività, dal latino “asserere” che significa “asserire”, o asserzione (o anche affermazione di sé), è una caratteristica del comportamento umano che consiste nella capacità di esprimere in modo chiaro ed efficace le proprie emozioni e opinioni senza tuttavia offendere né aggredire l’interlocutore.

Dalla definizione è evidente come l’assertività ponga le sue fondamenta sul proprio sentire emotivo, sulla consapevolezza delle proprie emozioni in relazione al contesto di vita, più che al saper fare e saper dire.

Per questo, a differenza di tutti gli altri testi sul tema, sempre in scrivere fa bene, viene affrontata la scrittura in relazione alle singole emozioni fondamentali come gioia, tristezza, rabbia, disprezzo, disgusto e si cerca di capire come queste siano presenti nei nostri contenuti, nei nostri racconti.

Per poter dialogare con gli altri efficacemente, è cruciale prima dialogare con se stessi.

E non esiste modo migliore di dialogare con se stessi che scrivendo.

Nella scrittura gli altri diventano parti di noi con cui dialoghiamo, come nei sogni i vari personaggi non sono altro che aspetti di noi stessi.

Ma non basta scrivere liberamente, così come viene, bisogna imparare a farlo con la giusta intenzione e con gli strumenti e le tecniche che ti permettono di evitare le insidie della scrittura ed aumentare i benefici.

Perché quando siamo tristi tendiamo a scrivere di più? Perché quando siamo arrabbiati, se scriviamo, la rabbia se ne va via subito e quasi quasi ci dimentichiamo il perché della nostra furia? Un libro utile a chi vuole sperimentare le tecniche di scrittura espressiva, a chi vuole imparare a conoscersi meglio, a chi ama scrivere e vuole capire perché quando lo fa si sente meglio.

Un libro che libera dal giudizio, dal proprio e da quello degli altri.

E ciò è possibile solo se si evita, almeno in una prima fase, di scrivere per comunicare qualcosa a qualcuno, per ottenere un like o per vincere un premio, ma si scrive per e a se stessi, senza filtri, senza badare a punteggiatura e ortografia, senza vincoli.

Le parole, come un fiume scorrono e quando vengono rilette, anche a distanza di tempo, sono testimonianza del nostro essere in un particolare contesto emotivo: doloroso, triste, gioioso, crudo ma puntuale, verace, sincero. Impariamo, per primi, a non giudicarci, a non puntare il dito.

Leggiamo, sentiamo, analizziamo, riflettiamo e riviviamo le emozioni.

E una volta che saremo riusciti a farlo, spezzeremo ogni catena e ci sentiremo liberi.

Delle volte c’è bisogno di “stappare” la bottiglia delle nostre emozioni e pensieri che sembrano congelati.

In scrivere fa bene troverai la cassetta degli attrezzi e le informazioni per permettere di aprire la scatola del tuo cuore con la giusta delicatezza e ritrovare finalmente te stesso lontano dagli angoscianti riflettori dell‘esposizione sociale, per poter tornare più forte, capace e consapevole, ma soprattutto libero dai condizionamenti che impoveriscono la nostra vita.

BIBLIOGRAFIA

Giada Cipolletta, Scrivere fa bene, Dario Flaccovio Editore, Palermo, 2020