BULLISMO: IDENTITÀ ED AUTOEFFICACIA

Prende sempre più piede tra preadolescenti ed adolescenti il bullismo come forma di devianza, soprattutto all’interno del contesto scolastico per poi allargarsi anche ad ambienti e situazioni al di fuori di esso. Si tratta di soggetti che attuano comportamenti aggressivi verso i propri coetanei ma in alcuni casi anche nei confronti di insegnanti e genitori; ragazzi che hanno un forte bisogno di dominare gli altri con atteggiamenti e comportamenti molto impulsivi. Si nascondono dietro una superiorità vera o presunta e presentano bassa tolleranza alla frustrazione cosa che li porta ad arrabbiarsi facilmente. La loro modalità di rapportarsi alle regole è quella di non rispettarle ma allo stesso tempo non tollerano che non si rispettino le loro regole. Cercano di cavare sempre un guadagno dalle situazioni ed hanno ottime capacità di riuscita negli sport.

Alcuni miti o credenze vanno sfatate circa il bullo: ad esempio non presentano ansia come spesso si pensa, né insicurezze. Essi attuano una modello comportamentale di tipo reattivo-aggressivo che (soprattutto nei maschi dove si associa alla forza fisica) si auto rinforza a causa della popolarità acquisita. Mostrano buona considerazione di se stessi ed atteggiamento positivo verso il comportamento violento. Un’altra convinzione da fugare è quella che il bullo presenti un deficit socio-cognitivo; in realtà ci troviamo sempre più spesso al cospetto di un soggetto che presenta elevate conoscenze sociali e di comprensione della mente dell’altro riuscendo addirittura a manipolarla attraverso la dominazione, la cosiddetta “cognizione fredda” ossia quel tipo di cognizione utilizzata a fini strumentali e senza comprensione empatica (Meadley, 1995).

Una differenza da tenere in considerazione consiste nel comportamento che il bullo tiene verso la sua vittima; secondo Perry et al. (1992) esistono gli “effectual aggressors” quei soggetti, cioè, che adottano la pratica da bullo vera e propria portando avanti strategie per intimorire la vittima attraverso un conflitto prolungato finalizzato a raggiungere un obiettivo (es: ti picchio per toglierti qualcosa); ci sono poi gli “ineffectual aggressors” quelli che invece mantengono un livello di tensione e conflitto alti ma senza un reale scopo, solo per infondere nell’altro una grossa carica emotiva (es: ti faccio costantemente paura con minacce, ma non agisco), in molti casi il comportamento aggressivo poi avviene.

Anche sul senso di colpa del bullo va detto qualcosa, infatti questo sentimento è assente nel bullo e viene sostituito da sentimenti di felicità, benessere, efficacia, indifferenza ed orgoglio per l’azione compiuta, tutti sentimenti che sminuiscono la vittima e giustificano quindi il comportamento.

Quindi cercando di tracciare un profilo di personalità del bullo i suoi aspetti identitari e di autoefficacia ci si focalizza su molti aspetti che vanno dalla percezione di sé che ha il bullo alla sua capacità di gestire le situazioni negative, dalle sue capacità empatiche allo status nel quale si riconosce; tuttavia non bisogna sottovalutare la visione che hanno di loro gli insegnanti, i genitori, i compagni di classe, le vittime. Per ottenere una visione completa queste informazioni vanno rilevate ed analizzate da più punti di vista.
Pertanto, come già anticipato, ci troviamo di fronte a soggetti che non presentano senso di colpa e vergogna che vengono sostituite da felicità, benessere ed autoefficacia per i gesti compiuti. Essi presentano un forte bisogno di dominare gli altri accompagnato da sentimenti positivi verso la violenza, l’impulsività e l’uso di coercizione e violenza per raggiungere i propri scopi. Infine ritroviamo una forza fisica maggiore della media. L’idea fortemente positiva di questi soggetti verso se stessi ed i loro modi di prevalere ed agire sugli altri li porta ad aumentare il proprio senso di autoefficacia empatica ed a pensare di essere onnipotenti e grazie alle capacità strategiche che hanno riescono a riconoscere ed utilizzare a proprio vantaggio per sottometterle, le emozioni, in particolare le paure delle vittime.

La necessità di mettere in atto programmi di prevenzione per evitare che modelli di comportamento aggressivi tipici del bullismo diventino la modalità preferita di relazioni tra i ragazzi è assolutamente auspicabile. Questo atteggiamento può nascere proprio dove il bullismo è meno diffuso, cioè nelle classi elementari; ed è proprio lì quindi che l’opera di prevenzione va messa in atto.

Per approfondire:
C. Pirrone “Il bullo allo specchio. Un’indagine sui processi identitari e di autoefficacia percepita emozionale ed empatica” in “Psicologia e scuola” n.14, Mar-Apr 2001, pp. 26-31

© Dott. Pasquale Saviano
Psicologo – Psicoterapeuta