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Amore. Cos’è l’amore. E’ uno degli argomenti più inflazionati nella storia dell’umanità. Sono molteplici le definizioni che son state date a questo sentimento, poeti e scrittori ne hanno parlato costantemente, edificato intere carriere artistiche su tale questione.  Eppure, c’è sempre qualcosa che sfugge, dell’amore. Come se qualcosa, uno dei suoi aspetti, non fosse percepibile.

E così, in questa caldaia caotica e ambigua di definizioni, va a finire che l’amore viene confuso, travisato, sostituito, scambiato per altro.

Come ci rendiamo conto che amiamo qualcuno?  Spesso, dal fatto che ci manchi quando non sta insieme a noi. O dal fatto che ci fa sentire migliori di quel che pensiamo di essere. Ma questo, più che amore, è uno stato di bisogno personale, che ha origini antiche, nella nostra storia.

Frequentemente ciò che ci manca sono le attenzioni che l’altro ci dà, le sensazioni che proviamo quando gli stiamo accanto. Amiamo come si rivolge a noi, amiamo la comprensione che ci regala, amiamo il modo in cui ci ama. Ma questo, non è amore. E’ ricerca di attenzione, bisogno di essere amato, approvato, accolto.  Bisogno che qualcuno ci dia cosa non abbiamo ricevuto in passato. Ed è bellissimo quando qualcuno ci ama per quel che siamo, ci ama nonostante ciò che siamo.

Se tutto questo, è innegabile, fa comunque parte di quello strano e complesso sentimento che a volte inaspettatamente ci pervade, non è che solo uno dei suoi tanti aspetti. Ed è quello più egocentrico, infantile bisognevole. Quello che vede l’altro non per quello che è, ma per quello che ci dà, per quello che fa, per quello che è in relazione a noi. L’altro, nei suoi aspetti meno evidenti, o che meno ci riguardano, nel migliore dei casi è ignorato, in altri addirittura odiato, respinto. Sei amabile finché sei mio, altrimenti non vali niente.   Ti do finché mi dai, altrimenti non ne vale la pena.

Amare invece è anche dare. Sembra banale come cosa, ma non lo è affatto. Amare è rispettare l’altro per quello che è, accettarlo per la sua autenticità. Permettere a sé e all’altro di entrare in intimità, ognuna coi propri tempi.

Amare non è solo una conquista, una fucina di emozioni, ma anche saper attendere, non pretendere, non aspettarsi nulla. E’ anche noia e impegno nella noia. E’ costruzione continua, un reciproco nutrimento.

Se per me amare significa esser compreso, significa far riparare all’altro le ferite che un passato spesso doloroso ci ha inferto, beh, allora non stiamo amando. Ma abbiamo bisogno di esserlo. Amati. E pretendiamo di esserlo, amati. Nessuno può riparare e benché meno colmare vuoti di un’infanzia o un’adolescenza povera di amore. Sono ferite che ognuno ha da riparare da sé, lentamente, spingendosi oltre il limite della propria auto-conoscenza. E andare fino in fondo a quel dolore, per viverlo in pieno e liberarsene. Chiedere che qualcuno lo faccia al posto nostro, aspettarci che l’altro possa fare ciò è non solo utopistico, ma ingiusto.

Nessuno è nato per riparare le nostre mancanze, nessuno è stato creato per guarire qualcun altro. Ma se incontriamo, lungo il nostro percorso, una persona che ci affascina e ci prende, sarà bello condividere un pezzo di cammino insieme a lei. Magari costruendo qualcosa di nuovo insieme, e non certo per continuare a guardare il baratro dei nostri passati. L’amore, quello sano, si rivolge al futuro, e si ritrova negli occhi di chi, insieme, decide di guardare avanti, nella stessa direzione, pronti per nuove avventure.