VADEMECUM DEL BUON PADRE

vademecum del buon padre

La figura del “padre” ha assunto, a seconda del tempo e della cultura, caratteristiche diverse e a volte anche contrapposte. A rendere diversa la figura del padre è però il padre stesso con il suo carattere, la sua indole, i suoi comportamenti, il suo bagaglio passato.

AD OGNUNO IL SUO PAPÀ

Il padre-padrone, giustificato nel passato, il padre dal carattere duro e rude, che quando arrivava a casa doveva trovar il cibo pronto sul tavolo, il papà che puniva il figlio dopo che la mamma gli aveva raccontato cos’era successo durante il giorno per cui il terrore del “Dopo lo dico al papà!” accompagna i bambini fino a sera… Quel padre non era comunque la-regola.

Ci sono papà che, anche in passato, erano più miti delle mamme, giocavano con i figli, insegnavano ai figli attività nuove, erano buoni ascoltatori e confidenti, così come ci sono stati, e ci sono tuttora, papà assenti (mentalmente, perché sempre con la testa sul lavoro, o fisicamente, con i due weekend al mese pattuiti nella separazione), papà silenziosi, non coinvolti, quasi schiavi del potere della moglie-matrona.

Insomma, ognuno ha avuto un proprio papà ed è su quell’immagine ed esperienza che si è costruito il concetto personale di “papà”, riprodotto o re-inventato quando si diventa genitori e si assume concretamente il ruolo di padre.

Anche chi un papà non l’ha avuto nel concreto (perché deceduto quando il figlio era molto piccolo o perché ha abbandonato la famiglia), ha costruito dentro di sé un’immagine di lui, un’immagine ricca di fantasie, di desideri, di racconti e aneddoti del passato, che sono diventati una sorta di fantasma inconscio, potente tanto quanto (se non di più) l’esperienza reale.

VADEMECUM DEL BUON PAPÀ

papà

Un vademecum del buon padre, quindi, non può esistere perché a fare il padre non si impara leggendo un articolo in internet

Un uomo che non ha fatto pace con l’immagine interna del padre, del genitore e del maschile che ha avuto, difficilmente riuscirà a fare il padre.

Potrà mettere al mondo un figlio, si farà chiamare “papà”, ma agirà come un robot che con un vademecum in testa deve fare dei compiti, deve esser in un certo modo, deve comunicare certe cose… e tutto questo è impossibile, se quelle cose non le sente sue.

Essere padre e Fare il padre chiama in ballo le emozioni, i vissuti più profondi, la costruzione stessa della persona nel tempo, ancor prima della sua nascita. Un figlio desiderato dalla coppia di genitori, amato, pensato, progettato, avrà sicuramente un vissuto diverso rispetto ad un figlio non voluto, scivolato, non accettato, messo al mondo per accontentare gli altri o perché l’orologio biologico cominciava a fare tic-tac.

Può essere comunque utile conoscere un po’ di più cosa intendiamo psicodinamicamente per “buon padre“, in modo da avere una sorta di riferimento.

I COMPITI DEL PAPÀ NELLA CRESCITA DEI FIGLI

  • Fino ai 3 anni

Tendenzialmente, fino ai 3 anni il ruolo del padre si gioca “dietro le quinte” o, meglio, dietro la mamma. E’ la mamma, infatti, il perno dell’accudimento del bambino ma la figura del padre risulta non solo importante ma addirittura fondamentale per la mamma (nel senso che dà le fondamenta). Guido Crocetti, psicoterapeuta fondatore della scuola di psicoterapia C.I.Ps.Ps.I.A., dice:

“Il bambino appena nato è tenuto tra le braccia della madre, ma la forza interna a quelle braccia è quella che circola nella relazione di coppia. […]
I bambini, fin dall’inizio della loro vita, conoscono e contattano il loro padre, presente nelle braccia della madre”.

In altre parole, il papà è fondamentale perché un papà che c’è nella coppia, che è presente in maniera solida e concreta, che  pensa alla moglie con il loro bambino (fin dalla gravidanza e ancora prima), che aiuta la compagna, che se ne preoccupa, che la protegge, che (non tanto banalmente) si occupa delle questioni pratiche (fornire un sostegno economico, occuparsi del cibo e degli altri beni necessari), che gestisce le relazioni extra-familiari, questo padre darà quella sicurezza e serenità alla compagna, necessarie per occuparsi del figlio con tutte le sue energie e con tutta la sua mente.

  • Dai 3 anni fino ai 6

Emerge con maggior predominanza la figura del papà nei suoi due ruoli principali: permettere al figlio di sviluppare un’identità sessuale e consentire al figlio il contatto con la realtà esterna. Verso i 3 anni i bambini cominciano a guardarsi quando sono insieme nei bagnetti, scoprono le loro differenze, iniziano inconsciamente a identificarsi nel maschile o nel femminile e tanto dipende da cosa hanno vissuto nella loro realtà ed esperienza familiare, del femminile della mamma e del maschile del papà. Inoltre l’entrata alla Scuola materna, il primo vero contesto “sociale” del bambino, è sostenuta e alimentata dalla sicurezza e dalla spinta che il papà comunica al bambino.

  • Dai 6 agli 11 anni

Coincide con l’età della Scuola Primaria. Il bambino ha portato dentro di sé le figure della mamma e del papà e comincia a confrontarsi con altri adulti di riferimento, ovvero gli insegnanti. La Scuola rappresenta psicoanaliticamente una sorta di “Padre” esterno, portatore di regole e norme entro le quali muoversi. E’ importante che i genitori non disconoscano e non demoliscano il ruolo degli insegnanti ma che si fidino di quel contesto educativo; se lo riescono a fare loro, il figlio avrà più facilità a sentirsi sicuro e protetto anche nel contesto scolastico.

  • papàDagli 11 anni in poi

Con l’entrata nella fase della preadolescenza e dell’adolescenza poi (dopo i 13 anni),  il papà ha il compito di proteggere la coppia genitoriale e il figlio stesso dagli attacchi sferrati loro dal figlio stesso in una fase di grande e confusa pulsionalità. Il padre dà quindi limiti in maniera autorevole, mostrandosi disponibile al confronto ma rimanendo un punto solido e stabile. Il padre ha anche il compito di supportare il figlio nel suo processo di emancipazione, lo sostiene e lo incoraggia ad investire le sue energie in vista della sua realizzazione, gli dà fiducia, valorizza le sue capacità reali.

Un altro compito che spetta al papà, via via che il figlio/la figlia crescono, è di sostenere la moglie dalla sofferenza della separazione con il figlio. In questa fase, quando i figli cominciando ad essere autonomi e la coppia genitoriale passa per i figli in secondo piano rispetto al gruppo di pari, gli amici, la “compagnia”, è fondamentale che la coppia sia forte e che stia bene per permettere al figlio la libertà di uscire sanamente dal contesto familiare, senza l’inconscia preoccupazione che la coppia di genitori “scoppi” perché a tenerla insieme era proprio il figlio stesso.

Insomma, il padre è davvero una figura necessaria per lo sviluppo sano del bambino ma sempre senza occupare gli spazi e le funzioni che spettano alla mamma.

Non sono rari, infatti, i “mammi“, come li definisce Crocetti.

I PADRI – “MAMMI”

I mammi sono papà che hanno invaso l’area che sarebbe dovuta essere occupata dalle mamme e questo avviene o per loro delega  (“lavorano troppo”) o per loro incompetenza (depressione, insicurezza, sono perse nel loro mondo individuale, incapaci di conseguenza di fare le mamme). Se la mamma non è presente in maniera equilibrata nel mondo del figlio/della figlia, il papà potrebbe finire per accudire il figlio come invece avrebbe dovuto fare la mamma, compensando quindi le carenze delle funzioni materne. La crescita del bambino sarà molto confusa e danneggiata, a meno che al bambino non venga data la possibilità di entrare in contatto con altre figure adulte di riferimento che, armonicamente, assumono in sé, qualora mancassero, la funzione o materna o paterna, ad esempio una zia, la baby sitter, un nonna, oppure, per le funzioni paterne, un nonno, un maestro, un allenatore.

© DR.SSA ILARIA CADORIN

Psicologa n°9570 Albo Psicologi del Veneto

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