Stai vivendo la vita o il lavoro che vorresti?

Si può risvegliare la passione per il lavoro?

L’11 Settembre 2001, tutto il mondo assisteva attonito, davanti agli schermi televisivi, al crollo delle torri del World Trade Center. Al dolore e allo shock collettivo, si accompagnava silenziosa un’altra sensazione: il desiderio di fare il punto. Davanti alla fragilità della vita umana, evidenziata con chiarezza e inesorabilità, si manifestava nelle persone una domanda inquietante: “Sto vivendo davvero la vita che vorrei?”.

Il significato esistenziale è una domanda che ossessiona chiunque per tutta la vita. Eventi come l’11 Settembre o il terremoto di Amatrice lo hanno messo drammaticamente sotto gli occhi di molte persone, ma il desiderio di fare il punto emerge regolarmente anche in circostanze meno drammatiche.

Perchè molti dirigenti, o persone in carriera arrivate ad un buon livello di sviluppo professionale sentono il desiderio di cambiare?

Molti dei tratti di personalità che si associano al successo professionale come l’orientamento alla soluzione dei problemi e la tenacia, spingono gli individui a portare avanti una situazione difficile nella speranza di riuscire a migliorarla. Poi, un giorno, si insinua in loro una sensazione fastidiosa: c’è qualcosa che non va. Quella presa di coscienza avvia un processo di cambiamento a tratti egodistonico al normale andamento della persona. Questo processo non è quasi mai piacevole, ma è un processo naturale e necessario. Una personalità da leader affronta costantemente nell’arco di alcuni anni, movimenti interni come questo. È necessario passarci per recuperare l’energia, la creatività e l’impegno e per scoprire nuovi obiettivi.

Quali sono i segnali da cui si desume che è l’ora di fare il punto della situazione?

Ci sono segnali specifici da cui si evince che è arrivato il momento di fare un punto della situazione: si comincia con un dubbio che assilla costantemente e si acuisce nel tempo finchè diventa impossibile ignorarlo, oppure quando si vive un evento drammatico che modifica irreversibilmente la vostra prospettiva di vita. Esistono alcune strategie per l’ascolto di quei segnali e l’adozione di misure correttive. Queste azioni possono comprendere un aggiustamento marginale della prospettiva o una rifocalizzazione più vasta su ciò che conta veramente, fin’anche cambiamenti radicali che orientano verso una direzione del tutto nuova.

Quando?

Uomini d’affari come Warren Buffett o Elon Musk, se interrogati, rispondono che è la passione, il sostegno a una causa superiore o la dedizione al servizio ad ispirarli, fino a quando la passione svanisce e sorge il dubbio sul significato del proprio lavoro. Questo atteggiamento si crede possa essere simile per molti aspetti alla dimensione affettiva e sociale, quindi applicabile anche alle relazioni d’amore e agli impegni personali.

Quali sono le domande che generano il segnale di un cambiamento in atto?

1.“Mi sento in trappola!”

Il lavoro, una relazione o un impegno che una volta era appagante diventa sempre meno ricco di significato, corrodendo lentamente l’entusiasmo e l’interesse fino a che difficilmente se ne ritrova il senso. In questi casi, le persone avvertono la sensazione di sentirsi in trappola. Si attanagliano sensazioni di inquietudine, ma difficilmente si riesce a uscire dal circolo vizioso, oppure non ci si riesce a spiegare nemmeno cosa ci sia che non vada.

Molti uomini d’affari, dopo aver dato il meglio di sé in un lavoro per venticinque anni, cominciano a sentirsi incongruentemente demoralizzati e i risultati professionali vengono regolarmente tagliati. In molti casi, ciò che nel corso degli anni è stato messo a tacere, sono stati dei dubbi opprimenti, anche in relazione a piccoli successi occasionali, in più i titoli altisonanti di successo, una retribuzione elevata, per molto tempo sono stati di conforto all’aspro desiderio di cambiare qualcosa.

Fattori come questo inducono le persone a tirare avanti, nella speranza che la situazione migliori, ma puntare sulla sicurezza rappresenta una prigione costruita con le proprie mani.

2. “Mi annoio”

Talvolta si confonde il raggiungimento di un obiettivo, con lo svolgimento di un lavoro o una relazione appagante, perciò ci si continua a porre nuovi obiettivi, finchè non si scopre che ci si annoia mortalmente. É una rivelazione scioccante: si manifesta la sensazione di essere usciti da un blackout spirituale. Il fatto è che non si insegue più i propri sogni e si fa finta di lavorare, senza trarre alcuna soddisfazione dal successo dell’attività, si continua a perdurare in una relazione senza trarne effettivamente alcun tipo di beneficio, emotivo o progettuale.

In molti casi si fatica ad ammettere che ci si annoia perchè le caratteristiche di vantaggio dell’ambizione e del desiderio di affermarsi oscurano il bisogno di trovare un significato al lavoro che si sta svolgendo o alla relazione affettiva che si sta perseguendo. C’è chi si sente in colpa per questa inquietudine, visto che in apparenza si è buttato ciò che si potrebbe desiderare. C’è chi ammette di non divertirsi più, giustificandosi che questo è in realtà il prezzo del successo.

3. “Non sono la persona che vorrei essere”

Ci si adegua progressivamente alle delusioni, alle frustrazioni e persino alla noia del proprio lavoro o della propria relazione, si finisce per accettare una routine incompatibile con ciò che si desidera veramente. Molti uomini d’affari, si adeguano a una cultura aziendale che si concentra sul valore per gli azionisti in modo incompatibile con lo stile personale. In molte relazioni d’amore ci si adegua alle abitudini in voga in quel momento, ci si adatta a situazioni incompatibili con i propri progetti o desideri di relazione.

In molti casi il cambiamento è talmente graduale da impedire di rendersi conto che ci si sta abituando a una routine dissonante rispetto ai propri valori. In altri casi il “doversi” uniformare alla burocrazia dei meccanismi comuni, rende accettabili alcuni piccoli compromessi che impediscono di seguire cosa dice il cuore.

La caratteristica che invece viene esibita dalle persone efficaci, è l’adattabilità, ma rappresenta un’arma a doppio taglio, per chi invece intende perseguire la strada del proprio cuore. Senza l’autoconsapevolezza, le persone rischiano di adattarsi talmente tanto da non riuscire nemmeno più a riconoscersi.

4.”Non voglio compromettere i miei valori”

Fare il punto della propria situazione assume i tratti della sfida a ciò che gli altri credono sia giusto. Molti uomini d’affari e molte persone che sono in una relazione, vedono quella posizione come un fiore all’occhiello e un indicatore positivo per il proprio futuro percepito. C’è chi in ambito professionale si trova a accettare tutti gli incarichi, fino a che una specifica proposta mette in crisi, diventa una sfida diretta ai propri principi e alle proprie prospettive.

Quando ci si rende conto che un’esperienza è in conflitto con i nostri valori, si può se non altro decidere con cognizione come reagire. Il problema è che a volte si perdono i valori di riferimento. A volte si separa talmente il lavoro dalla vita personale che si lasciano questi valori fuori della porta. C’è quindi chi in ufficio potrebbe accettare comportamenti intollerabili quando si è a casa, oppure identificare il proprio lavoro con la propria vita e dare obiettivi di Business alla propria vita.

5. “Non posso ignorare quel segnale”

Il risveglio assume la forma di una missione: una forza implacabile che costringe le persone efficaci a uscire dal sistema o a prendere l’iniziativa. È come se ci si rendesse conto improvvisamente di ciò che sono state chiamate a fare e che questo non può essere più ignorato.

Una vocazione di questo tipo, può essere spirituale, come nel caso del dirigente che dopo aver analizzato i propri valori e la propria visione personale, lascia il lavoro, compra una fattoria e diventa un allevatore e produttore di formaggi. La chiamata assume molte forme, può spingere il manager a diventare un insegnante. La costante e sincera attenzione per i propri valori personali viene ripagata con fiducia, anche se il servizio che si offre è simile al servizio che viene offerto da altri milioni di competitor.

6. “La vita è breve”

Il trauma è necessario, grande o piccolo che sia, per indurre l’esame serio e sincero della propria vita. Il risveglio così inteso potrebbe seguire a una malattia invalidante, alla perdita di una persona cara o a una tragedia domestica. Oppure potrebbe derivare da un evento meno tragico, come l’adattamento all’uscita di casa, propria o dei figli o al festeggiamento di un compleanno altamente simbolico. In questi casi le priorità appaiono in tutta la loro chiarezza, ciò che per mesi, anni è sembrato importante ora rimane prezioso nei ricordi, ma non conta più.

Le persone incontrano punti di svolta in circostanze drammatiche o estremamente banali. Festeggiare i trent’anni o i quaranta, sposarsi, subire un intervento chirurgico, andare in pensione: rappresentano solo alcuni dei momenti in cui ci si ferma naturalmente a riflettere, chiedendoci dove hanno portato le nostre scelte e a confrontarle con la realizzazione dei nostri sogni.

È molto più semplice reagire a eventi scioccanti, piuttosto che agli stimoli della vita quotidiana, di conseguenza sentirsi intrappolati e annoiati, fa in modo di tenersi per troppo tempo un lavoro o una relazione che rende infelici, esponendo maggiormente alle malattie legate allo stress. Poi i segnali silenziosi, quel senso di disagio che si acuisce in il passare del tempo, può essere sottovalutato gradualmente.

Questo non rende i segnali meno importanti, indicatori dell’esigenza di cambiamento rispetto agli eventi più visibili. Come è possibile quindi imparare a ascoltare i segnali fondamentali e reagire prima che sia troppo tardi?

Ci vuole uno sforzo di consapevolezza e disciplina che prevede un autoesame periodico.

 

 

Valerio Imondi

 

 

Bibiliografia:

Daniel Goleman; Piccolo manuale di intelligenza emotiva per leader che ottengono risultati; Rizzoli Etas; 2015.