La schiavitù del piacere ci impedisce di aprire gli occhi al mondo

La natura ha creato il piacere per indirizzare i nostri comportamenti verso ciò che a livello ancestrale era evolutivamente vantaggioso.

I cibi con un buon sapore erano i più adatti al nostro sostentamento. Il calduccio di un giaciglio notturno protegge il corpo dal freddo. La frescura sotto l’ombra di un albero in piena estate protegge il corpo dal sole. Il piacere di dissetarsi ci salva dalla disidratazione. Il piacere del sesso salva la nostra specie dall’estinzione.

Queste regole ovviamente valgono solo se eliminiamo ogni sovrastruttura socio-economica.

Nel mondo in cui viviamo il piacere può essere perpetuato all’infinito perché è diventato facile procurarselo. Per esempio se amo mangiare posso mangiare fino a morire perché procurarmi il cibo è semplicissimo.

piacere

 

Le 4 fasi del piacere

Il piacere nella nostra società si articola in 4 fasi. Le fasi non sono ordinate nell’ordine in cui vengono elencate, né devono necessariamente essere presenti tutte e 4.

#1 L’euforia fisica.

L’euforia fisica è la sostanza del piacere. Può essere più o meno intenso, può essere legato a una percezione fisica come il cibo o come il sesso oppure a una situazione sociale come una vincita.

#2 Parlare del piacere.

Raccontare agli altri la circostanza nella quale abbiamo provato piacere aiuta a estendere il piacere oltre i suoi confini.

#3 Ricreare le condizioni per ottenere lo stesso piacere.

Più una cosa ci ha dato piacere e più aumenta il nostro desiderio di rivivere quel momento.

#4 Alzare l’asticella del piacere.

L’uomo si abitua a tutto, per questo lo stesso piacere ripetuto più volte perde di intensità. Per provare di nuovo piacere bisogna aumentare la forza dello stimolo che induce il piacere.

 

Un esempio: provare piacere per il lavoro.

Fino all’adolescenza e post adolescenza il piacere è quasi esclusivamente circoscritto al corpo. Si testano i propri limiti e il corpo ancora giovane risponde benissimo a questo test.

Invecchiando si cerca un piacere più cerebrale. Il lavoro è il massimo esempio di questo allontanamento dal nostro corpo.

La maggior parte dei lavori prevede un utilizzo minimo o scorretto del nostro corpo. Noi siamo fatti per correre, camminare, stare in mezzo alla natura ma al lavoro siamo immobili per ore in posizione scorretta a una scrivania. Teoricamente questo non dovrebbe portare alcun piacere.

Ma il lavoro porta con sé un universo di gratificazioni sociali che creano euforia senza che il corpo abbia alcun beneficio. Più soldi, più potere, più considerazione sono tutti elementi che non fanno bene al nostro corpo ma nutrono il nostro ego.

Allora troviamo persone che parlano sempre di lavoro (fase 2), che lavorano sempre, anche quando potrebbero godersi dei momenti sereni con i loro cari (fase 3) e che soffrono quando la loro condizione lavorativa rimane invariata per troppo tempo perché hanno bisogno di crescere (fase 4).

 

La schiavitù del piacere ci impedisce di aprire gli occhi al mondo

Sarebbe sciocco rinunciare ai piaceri, sono loro a rendere bella la vita.

Ma sarebbe altrettanto sciocco non scegliere liberamente di quali piaceri godere. Il piacere funziona come un pilota automatico che ti risucchia alla ricerca eterna delle stesse cose. Il piacere ti immobilizza nella routine di poche abitudini che sai già essere efficaci.

Ma cosa dire di tutte quelle cose che non hai ancora provato?

Bisognerebbe mettere in pausa per un momento le cose che ora ci danno piacere e ripartire da zero. Cercare dei piaceri nuovi, inediti.

Perché altrimenti rischiamo di delegare tutto ciò che di bello la vita ha da offrire a qualcosa come il lavoro.