Resilienza e PsyCap

Capitale psicologico

La concettualizzazione di Capitale psicologico (PsyCap) fatta da Fred Luthans lo definisce come uno “stato psicologico positivo orientato allo sviluppo”, costituito da quattro diverse dimensioni psicologiche che insieme lo determinano. Autoefficacia, Ottimismo, Speranza e Resilienza sono le quattro componenti dello PsyCap, le quali hanno in comune il focalizzarsi su ciò di positivo che la persona può offrire. Infatti questo costrutto deve le sue origini alla psicologia positiva di Martin Seligman, che negli anni ottanta del secolo scorso, pone una vera e propria rivoluzione copernicana in campo psicologico circa il modo di guardare e di approcciarsi alla psicologia dell’essere umano: non più il disagio e la risoluzione del disagio come obiettivo primario della psicologia ma, la valorizzazione delle potenzialità della persona anche e, soprattutto, nei momenti di difficoltà.

Lo PsyCap è utilizzato, in particolare, per definire quelle caratteristiche essenziali che possono garantire un buon vissuto lavorativo all’interno di qualsiasi organizzazione, paragonabili ad un bagaglio di opportunità di benessere e soddisazione lavorativa che è tanto più pesante tanto più sono presenti autoefficacia, ottimismo, speranza e resilienza.

Un aspetto molto importante dello PsyCap è che non è stabile, questo significa che è possibile lavorare sulle sue quattro componenti per favorirne lo sviluppo e successivamente, un buon utilizzo. Ognuno di noi infatti, può sentirsi più o meno efficace in un determinato momento della sua vita piuttosto che, più o meno ottimista o resiliente, soprattutto nell’ambito lavorativo che muta velocemente in questi anni di forte globalizzazione. Imparare a riconoscere la malleabilità di queste dimensioni e gli strumenti utili per promuovere il loro sviluppo è molto importante se ci si vuole adattare alle nuove opportunità senza perdere di vista il proprio benessere e la propria crescita personale e professionale. Oltretutto, direi che tutti ci meritiamo di percepirci efficaci, speranzosi e quindi determinati, ottimisti e quindi coraggiosi, resilienti e quindi più forti delle avversità.

Resilienza

Ho deciso di concentrare l’attenzione su questa capacità psicologica perchè spesso ne sento parlare e troppo spesso mi sembra non le venga data la giusta profondità di concetto che invece porta con sè. E’ definita da Luthans e Youssef (2004) come “la capacità di reagire in modo positivo in occasione di avversità, incertezze, fallimenti o di eventi che possono risultare opprimenti”.  La resilienza infatti è una risposta re-attiva dell’individuo, cioè è una mobilitazione di risorse personali per re-agire agli eventi che la vita pone davanti. Questa re-attività consiste nel saper analizzare la situazione, essere consapevoli che quanto si sta vivendo non è privo di difficoltà, di dolore o sacrificio, ma saper rispondere in modo positivo affinchè questi eventi non diventino limiti per la nostra vita o ancora peggio, delle sconfitte. Il termine resilienza infatti, deriva dalla fisica, dove viene utilizzato per indicare la proprietà di alcuni materiali di far rimbalzare gli urti; in psicologia la resilienza ha il compito di far rimbalzare gli eventi negativi i quali sì, ci toccano, ma non ci distruggono, anzi, ci insegnano.

Nel contesto lavorativo è molto importante allenare questa capacità in quanto più viene allenata, più è presente e più è possibile che gli errori e gli ostacoli vengano utilizzati per incrementare la performance: gli ostacoli diventano energia positiva, motivi per rinascere piuttosto che motivi per chiudersi in sè. Costrutti come il Work Engagement ed il Committment affettivo, che sono risultati di fondamentale importanza per la performance lavorativa e il benessere organozzativo, sono fortemente influenzati dalla resilienza. Infatti, riuscire a riorganizzare il proprio modo di rispondere agli eventi a favore di un approccio costruttivo, porta la persona a percepire maggiore controllo e maggiore possibilità di influenza sull’ambiente, alimentando il coinvolgimento il senso di affiliazione.

Ovviamente, la reslienza non si alimenta da sola, ma solo insieme alle altre tre componenti dello PsyCap riesce a svilupparsi al 100% delle sue potenzialità. E’ la sinergia di questi elementi che crea la solidità per lo sviluppo di ognuna. Perciò è utile sforzarsi ad essere resilienti, ma se dentro di noi conviviamo con un profondo senso di inefficacia o con una visione darammaturgica del futuro è difficile che si riesca poi, nella pratica, ad esserlo davvero.

Quindi, se le componenti dello PsyCap possono essere sviluppate, la resilienza come può essere allenata? I contesti lavorativi hanno a disposizione diversi strumenti per favorire la crescita della resilienza nei lavoratori come: -le strategie di processo, che consistono nell’aumentare il numero e la qualità di strumenti disponibili al lavoratore per rispondere alle situazioni critiche, come una maggiore possibilità di comunicazione libera e protetta con professionisti HR; -le strategie di risorsa, tecniche che si basano sull’insegnare ad utilizzare nel modo più efficacie le proprie risorse ad esempio con percorsi formativi di problem solving; – le strategie di rischio, in cui l’attenzione è concentrata sugli aspetti che provacano stress e sono un rischio per la salute del lavoratore e dell’organizzazione e si pianificano diverse soluzioni.

In conclusione, possiamo affermare che lavorare su se stessi, sulle proprie potenzialità per acquisire consapevolezza su ciò che si è, e su ciò che si può essere