REIMPARARE LE EMOZIONI

emozioni

Tobia, il tuo fedele amico scodinzolante non c’è più: la tua faccia non mostra tristezza.

Hai ricevuto un bellissimo dono per il tuo compleanno: la tua faccia non mostra allegria.

Potresti passare per un uomo (o una donna) di ghiaccio, uno tutto d’un pezzo, da petto in fuori e schiena dritta.

E forse v’è stato un tempo in cui tutto questo era sinonimo di maturità e di intelletto superiore.

Mai deriva umana fu più sbagliata.

Non poter mostrare le proprie emozioni, sia buone che cattive, è tutt’altro che un vanto.

Non poter mostrare le proprie emozioni significa non poter vivere la propria vita.

Le emozioni fanno parte di noi e se non siamo più in grado di esprimerle, esisterà un solido perché.

Perché, video di bimbi sorridenti o perfino piangenti (per futili motivi, però), ci piacciono tanto?

Perché vediamo le emozioni libere, senza sovrastrutture e senza limitazioni.

MOLTE CONCAUSE 

Molti motivi possono portare a non esprimere più le emozioni: un modello genitoriale piuttosto freddo ed apatico, un primo amore andato male, una cocente delusione all’apice di un’emozione forte e, soprattutto, una vita piuttosto severa e poco indulgente, che ci ha incattiviti e resi schiavi del “non permetterò ad altre persone di ferirmi, terrò tutto dentro”.

Qualunque sia il motivo è opportuno reimparare ad emozionarsi.

COSA FARE

1) ABBANDONATE IL PASSATO.

Un passato faticoso è, paradossalmente, sempre presente.

I pirati assaltavano galeoni e depredavano velieri con un pappagallo tutto colorato sulla spalla.
Chi ha un passato ingombrante e spiacevole ha la stessa sensazione: cammina per le strade della propria quotidianità con un altro “essere” sulla spalla.
Purtroppo però non è colorato e neppure simpatico.
Fare pace con il passato è il primo passo.
Fare pace però non significa pronunciare questa frase en passant:
“Ok, mi dispiace per quanto successo, vado avanti”.

Fare pace significa: esiste questo passato. Mi rendo conto che è esistito e che è successo quel che è successo.
Però io sto parlando ora, camminando ora, mangiando ora, riposando ora, guidando ora, lavorando ora, ridendo ora, piangendo ora.
Sono qui. Ora. 

 

3)IMPEGNO e COSTANZA

Nessun risultato arriva senza sforzo, nemmeno la felicità e la nuova vita all’insegna di emozioni.

Sforziamoci, proviamoci, non arrendiamoci.
La domanda che spesso ricorre è:
Sì, ok. Ma come faccio ad impegnarmi a modificare una situazione che mi rende la vita difficile, se non me ne rendo conto?”

Il galateo imporrebbe di NON rispondere ad un domanda, con una domanda. Facciamo un’eccezione, per questa volta:
Sicuro di non riconoscere quando NON ti emozioni?
Eppure la domanda te la sei posta, vero? Hai aperto l’articolo e l’hai letto, o sbaglio?

Ecco, è una buona base per iniziare, anzi: ottima.
Avere il dubbio che qualcosa non quadri è il primo tassello del puzzle che andrete a comporre.

Magari non siamo meccanici, ma se sentiamo “un rumorino metallico” capiamo che qualcosa non funziona, senza necessariamente saper individuare ad orecchio quale pezzo sia guasto e quanta strada ci permetterà ancora di fare, no?
Stesso meccanismo. Ascoltiamoci, comprendiamoci nel profondo e andiamo dal “meccanico”
3) CHIEDERE AIUTO

Porre rimedio a una situazione di apatia è molto complicato.
Riprendiamo l’esempio del motorino.
Ci siamo accorti che qualcosa ci sta complicando la vita. Ne passiamo di tutti i colori, siamo perseguitati dalla sfortuna, non ce ne va mai bene una, e siamo una frana con le persone.
Ci siamo resi conto che non procediamo quindi come sapevamo fare o come abbiamo sempre fatto.
Abbiamo ben capito che c’è un qualcosa che ci rende la giornata un inferno.
Andiamo dal meccanico, vi dico!
Non è uno spot per nessuna professione, è un dato di fatto:
non sono un architetto e non mi sognerei mai di disegnarmi la pianta della mia futura abitazione da solo: chiamerei un architetto!
Non sono un chirurgo e non ci penserei nemmeno lontanamente ad operarmi da solo, mai! Mi affiderei a chi ha studiato diversi anni, a chi ha passione per la propria materia e a chi si possa prendere cura di me: andrei da un chirurgo in definitiva.

Non perderete la vostra dignità se proverete a chiedere aiuto ad un professionista. Anzi, guadagnerete dignità.
Perché, come abbiamo detto ad inizio articolo:
basta con l’uomo che non deve mai piangere e con la donna che invece piange e basta.
Libertà di potersi “aggiustare”, libertà di poter STAR BENE.

Grazie, come sempre.

Giacomo Fumagalli 
Giacomo Fumagalli