QUANDO L’IDENTITÀ MUTA

È noto che i bambini hanno bisogno di stabilità emotiva e di punti di riferimento chiari. Quando durante la crescita essi si trovano in situazioni di separazioni, divorzi, famiglie ricomposte possono verificarsi tutta una serie di problematiche che includono senso di colpa, paura di perdere i legami con i genitori, gelosia, conflitti, perdita del senso di identità, ecc. Tutto ciò proprio per la fragilità emotiva, psichica ed identitaria dei bambini porta vere e proprie crisi di identità con conseguenze disastrose che vanno ad alimentare un proprio senso di insicurezza.

Fino ai 3-4 anni il senso di identità del bambino si basa e si sviluppa sulle figure di attaccamento; man mano che cresce però, a partire dai 5-6 anni di vita il bambino poggerà la sua identità individuale sul senso della famiglia, ossia sull’identità familiare. Essi sviluppano così la consapevolezza dell’altro-diverso-da-sé con il quale hanno a che fare nel mondo esterno (scuola, amicizie, relazioni sociali) e gli altri-simili-a sé rappresentati dai membri del nucleo familiare. La sicurezza per il bambino fuori casa è determinata proprio dal senso di appartenenza e dall’identità legata alla famiglia; sentendosi identificato come: il figlio di… o il nipote di… nella prima fase adolescenziale si percepisce quasi sempre un punto di forza a meno di non avere familiari che godono di cattiva fama. Man mano che si cresce l’identità individuale prende piede e quella di gruppo prevale su quella della famiglia.

Una famiglia “regolare” forte funge da carta d’identità di un bambino che con la sicurezza si muoverà nel mondo. Anche perché le modalità relazionali che egli sperimenterà all’interno della famiglia sono quelle che quasi sempre metterà in atto all’esterno finché non sperimenterà altre forme di identità che lo porteranno poco a poco a mettere in atto sempre più una sua individualità più che un’identità familiare. È proprio in questo conformismo che i bambini si differenziano dagli adulti e dagli adolescenti, essi sono conformisti per esigenze di crescita.

I figli di genitori separati o che vivono in famiglie “non regolari” (intese come quelle famiglie nate in un modo e ricostituitesi diversamente), proprio per questa necessità di normalità, sono continuamente alla ricerca di qualcosa di stabile e laddove non riescano a trovarlo lo inventano nel modo più naturale e semplice per loro cioè raccontando bugie, inventando nel confronto con gli altri delle realtà che purtroppo non esistono. Anche la ricomposizione di famiglie o l’arrivo di nuovi nati può minare l’identità in costruzione: per alcuni può nascere l’impressione di perdere degli spazi fisici e mentali, un po’ come quando si va a convivere con il partner e si ha l’impressione di perdere spazi psichici e logistici. I sentimenti che nascono tra fratelli sono ambivalenti, in continua modificazione, si passa repentinamente dalla gelosia alla complicità in una costante ricerca di identità personale ed affiliazione (ciò vale soprattutto per i più piccoli nei confronti dei più grandi). Ecco che gli scontri tra fratelli servono come mezzo per definirsi e diversificarsi dall’altro trovando la propria identità. Viste in quest’ottica la gelosia, la rivalità e gli scontri tra fratelli possono anche aiutare a crescere.

Quando invece ci troviamo al cospetto di famiglie ricomposte, questi sentimenti sono meno forti poiché le origini familiari sono diverse e di conseguenza anche i legami sono meno profondi. Tuttavia in un clima favorevole certe diffidenze o insicurezze possono essere appianate e favorire complicità e solidarietà tra i nuovi fratelli. Affinché ciò avvenga è necessario che il genitore originario e quello acquisito aiutino i figli a ricomporre l’identità familiare seppur diversa da quella originale. Passare dal “noi” della prima famiglia al “noi” della seconda famiglia è possibile ma non immediato. Infatti se per i genitori c’è la volontà forte di tagliare radicalmente col passato non è così per i figli che invece hanno bisogno di mantenere quel passato. Ciò purtroppo favorisce in loro quell’idea che l’adesione alla nuova famiglia equivalga ad un tradimento per l’altro genitore generando quindi senso di colpa, ansia ed altre difese psicologiche (bugie, realtà alternative, chiusura, ecc.).

La nuova identità familiare va costruita con calma dagli adulti (in senso verticale) e tra i fratelli (in senso orizzontale). Affinché il tutto funzioni adeguatamente è necessario che il nuovo gruppo familiare abdichi a quelle routine e modalità di funzionamento tipiche della vecchia famiglia accettando delle situazioni del tutto nuove attraverso la perdita di coesione ed affiliazione col gruppo famiglia precedente.

La confusione tra le figure genitoriali biologiche e quelle acquisite è molto forte in un bambino ed il dubbio lo porterà a chiedersi se esistono molteplici figure (zii, nonni, cugini) che si sovrappongono, che si raddoppiano o acquisire i nuovi significa eliminare i vecchi. La sua identità viene minata proprio perché la confusione la fa da padrone, ma è necessario spiegare che certi legami genealogici sono attribuibili solo ai parenti dei genitori biologici. È necessario essere estremamente chiari su questo argomento affinché il bambino riesca ad individuare le proprie origini senza ambiguità. Così come è necessario fargli capire che nuovi legami possono essere anche sviluppati senza essere imparentati.

Solo così la convivenza potrà portare alla nascita di relazioni affettive che a loro volta creeranno un tessuto familiare parallelo. È difficile per entrambi: genitore acquisito e figlio acquisito costruire un legame, entrambi hanno una propria identità, Una propria storia che li caratterizza, entrambi vengono da relazioni parentali difficili da modificare soprattutto per il bambino che finora ha costruito gran parte di se stesso proprio sulle figure genitoriali precedenti. Sta proprio al nuovo genitore fare in modo che il bambino si rapporti con lui o con lei in un’ottica di crescita, arricchimento e nuova affiliazione.

È possibile per un figlio essere felice appartenendo a due famiglie soprattutto se gli adulti lo aiutano a mantenere i legami col passato e col presente: il primo non deve scomparire ma non può dominare il secondo. Pensare di mettere i bambini delle condizioni di dover scegliere o di non avere rapporti con uno dei genitori non fa altro che angosciarli. È necessario, importante che gli adulti favoriscano il mantenimento di questi legami a meno che non ci siano cause gravissime per fare altrimenti (abusi, molestie, violenze, ecc.).
Un’altra cosa da non sottovalutare sono i tempi di elaborazione della perdita, perché di questo si tratta, un lutto per una serie di perdite: una perdita delle precedenti abitudini, del genitore che ora si vede di meno, del nucleo familiare così come si era abituati a vederlo, ecc. La concentrazione di molteplici perdite come in questo caso, in poco tempo, genera crisi in chiunque, tanto più nei bambini. I ragazzi reagiscono nei modi più disparati, come già detto, ma tra le reazioni una possibile è quella dei furti, cioè appropriarsi di cose altrui per ridurre il senso di perdita che stanno vivendo più o meno consapevolmente.

In conclusione è bene tenere in forte considerazione i problemi di identità cui può andare incontro un figlio di genitori che si separano e/o formano nuove realtà familiari. Le crisi di identità nei bambini hanno inizio proprio quando cominciano a porsi le domande che ognuno si pone rispetto alle proprie origini, alla propria famiglia ma non ottengono o non riescono a trovare le risposte al loro bisogno di storia.

Per approfondire:
A. Oliviero Ferraris “Alla ricerca dell’identità” in Psicologia Contemporanea, Mag-Giu 2000, 159, Giunti, pp. 26-29

© Dott. Pasquale Saviano
Psicologo – Psicoterapeuta