Psicoterapia del trauma: un percorso in 6 tappe

La psicoterapia è un processo molto più pratico di quello che credi.

In questo articolo desidero descriverti brevemente i 6 obiettivi che ogni psicoterapia che lavora su stati post-traumatici secondo il modello di Selvini, Sorrentino, Gritti (2012) suggerisce per raggiungere i migliori livelli di efficacia.

Queste 6 fasi corrispondono a tappe del processo di psicoterapia ispirate a un modello precedente, quello contenuto nel saggio “Guarire il trauma”,  J. L. Herman, (1992).

Questa autrice avendo lavorato con vittime di traumi (donne abusate nell’ infanzia e veterani del Vietnam) propone un modello di psicoterapia basato su questo percorso in 3 tappe:

  • Messa in sicurezza: fermare il trauma
  • Elaborazione del trauma
  • Risocializzazione e ritorno a una vita normale.

Risulta di particolare importanza al fine di contribuire in modo chiaro a un’utile definizione di psicotqrapia la distinzione tra il punto 1 e il punto 2.

Psicoterapia e trauma: gli obiettivi da raggiungere in ogni percorso terapeutico

I modelli clinici ideati e sviluppati per il trattamento e l’uscita dal trauma sono diversi.

Per traumi possiamo intendere anche le ferite infantili: l’attaccamento disorganizzato, l’accudimento carente o la trascuratezza.

Si tratta di esperienze che sono state vissute da un altissimo numero di persone.

Per dare una definizione di questo fenomeno chiara e sintetica Liotti e Farina (2011) parlano di “sviluppi traumatici“.

 

In realtà le tappe elaborate da Selvini e colleghi nel 2012 sono a tutti gli effetti linee guida per ogni progetto terapeutico, quindi per tutte le psicoterapie, comprese quelle avviate non in conseguenza a un trauma.

 

6 tappe concrete per una psicoterapia efficace

1. Il riconoscimento della propria sofferenza e dare ad essa un senso

2. La messa in sicurezza. È di due tipi:

  • Individuale: quali capacità ha il paziente di non farsi travolgere dalla sofferenza?
  • Relazionale: il suo ambiente affettivo/familiare che risorse e supporto può offrire?

3. La condivisione del dolore: è possibile da parte del paziente non solo aprirsi, ma farlo in un contesto che offra empatia e occasioni per elaborare nuove riflessioni sugli eventi passati presenti e futuri.

4. Integrazione della personalità dissociata: il paziente è in grado di osservare parti di sé, ritiene possibile la loro armonizzazione e riconosce la loro esistenza come tappe di un processo. Anche il dolore fa parte di questa storia e proprio perché osservato come una parte di sé non ha più bisogno di essere agito o negato.

5. Non essere più vittima: il paziente arriva a essere in questa tappa consapevole della sua corresponsabilità nel mantenere attivo il circuito psicopatologico che ha provocato tutta la sua sofferenza.

6. Perdono e riconciliazione: in ogni psicoterapia che vada realmente a lavorare a 360 gradi questa tappa è fondamentale. Qui il paziente riesce a emanciparsi dall’ossessione del danno subito. Avviene un ribaltamento del suo punto di vista. La psicoterapia riesce a fare in modo che il paziente riesca a tenere nella mente “le buone ragioni” di chi lo ha fatto soffrire. Cosa ben diversa da un processo superficiale di giustificazione. Qui è possibile scrivere la propria storia in un modo diverso e quindi smettere di avere bisogno del sintomo per essere visti. Questa tappa della psicoterapia non richiede necessariamente il perdono, piuttosto una sorta di riconciliazione con il proprio passato. Le ferite possono essere viste in un modo nuovo, anche come fonte di alcuni particolari talenti, doni o sensibilità.

Bibliografia

S. Cirillo, M. Selvini, A. M. Sorrentino, (2016), Entrare in terapia, Raffaello Cortina Editore, Milano

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www.spazidicostruzione.it – 348 6028718 – 371 3095423

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