Lo Psicologo è per i coraggiosi

Lo Psicologo è per i coraggiosi

  • Chi sono le persone che vanno dallo Psicologo, perché decidono di rivolgersi a questo professionista e cosa si aspettano?
  • Dallo Psicologo ci vanno solo le persone che accusano dei sintomi specifici?
  • Perché fa ancora così paura la figura dello Psicologo?

PREMESSA

Scommetto che se avete deciso di leggere questo articolo è perché anche voi avrete vari interrogativi, alcuni di questi rientrano tra quelli elencati sopra, altri invece no.                                                                                                                      Lo scopo di questo articolo è quello di cercare di fare chiarezza rispetto alla figura dello Psicologo e di spiegare cosa succede nel momento in cui si decide di intraprendere un percorso di sostegno psicologico.

Chi sono le persone che vanno dallo Psicologo, perché decidono di rivolgersi a questo professionista e cosa si aspettano? 

Spesso le persone che si rivolgono ad uno Psicologo lo fanno perché non riescono più a fronteggiare da soli una certa problematica, cioè hanno tenuto duro per giorni, mesi e addirittura anni; si trovano a vivere un forte stato di malessere, frutto di vari tentativi attuati e dalle rassicurazioni “Andrà meglio, supererò tutto da solo. Posso farcela. Mi serve solamente tempo.” Le persone che arrivano nella stanza dello Psicologo sono individui che ad un certo punto della propria vita non sono più riusciti a sostenere da soli la problematica e per questo hanno deciso di compiere un passo concreto per cercare di risolvere lo stato di sofferenza. Il pensiero che accomuna la maggior parte di questi soggetti è il seguente: “Non sono riuscito a fare nulla, ho fallito, non sono abbastanza forte da farcela da solo, non valgo niente, ecc.” Cioè questi individui sono convinti di aver fallito, sono convinti che chiedere aiuto sia da falliti, incapaci e deboli. Solitamente quando qualcuno arriva presso il mio studio cerco di raccogliere una serie di informazioni sulla storia personale e anche di capire quali siano le convinzioni della persona rispetto a sé stessa e ad un’eventuale percorso di sostegno. Indagare le credenze della persona circa la considerazione che essa ha di sé è fondamentale per poter implementare un percorso di sostegno, così come indagare la presenza della motivazione nella persona. Tornando al soggetto che crede di aver fallito perché ha deciso di chiedere aiuto, direi piuttosto che non lo è affatto. Anzi. E’ un individuo coraggioso, un soggetto che è disposto a mettere in discussione sé stesso, i suoi pensieri, comportamenti, la sua vita, le persone che gli stanno accanto, che è consapevole che non sarà un percorso semplice e che il cambiamento presuppone sempre fatica, impegno, determinazione, capacità di introspezione, di riconoscere gli errori fatti o che semplicemente i suoi pensieri e le sue convinzioni poste in quel modo non funzionano e gli procurano sofferenza e malessere.

Riconoscere ed accettare di avere una difficoltà, di non avere gli strumenti necessari per affrontarla è un gran passo in avanti. Così come il cercare di non procrastinare, di non rimandare a quando non si tollera più la sofferenza. Sembra tutto di facile applicazione ma non è affatto così. Vorremmo sempre essere giusti ad ogni situazione, forti per affrontare la vita, perfetti come ci mostrano i media. Non siamo perfetti, non lo è nessuno. Siamo esseri imperfetti, commettiamo degli errori, abbiamo le nostre debolezze, le nostre paure, incertezze, insicurezze. Cerchiamo di non punirci per questo, piuttosto di dire “Sono imperfetto ma posso fare qualcosa per stare meglio”. Si sbaglia continuamente, si sbaglia con i figli, con le mogli, con i mariti, con i colleghi, con gli amici, ma anche con sé stessi. Lo sbaglio più grande che possiamo fare è far scorrere davanti i nostri occhi i momenti, le giornate, gli anni soffrendo senza fare nemmeno un tentativo per cambiare le cose. Quello è il vero errore, non l’insicurezza sul lavoro, o la difficoltà nei rapporti interpersonali. Se c’è un’insoddisfazione dentro di me, devo fare qualcosa per cambiarla.

Avremo sbagliato solo se lasceremo andare tutto e tutti restando a guardare inermi nella nostra solitudine.

Possiamo fare qualcosa per noi stessi, per il nostro benessere tutti i giorni, dipende da noi e non da qualcun’altro. Decidere di alzare il telefono e chiamare quel numero che fissiamo da mesi perché non abbiamo il coraggio di fare un tentativo, di riprendere in mano la nostra vita è qualcosa che ci fa vivere come protagonisti attivi della nostra vita e non passivi, come persone che se ne stanno li fermi aspettando che le cose cambino da sole. I miracoli in questo senso non esistono. Siamo noi e solo noi a poter cambiare le cose, magari non succederà nulla ma comunque avremo fatto un tentativo, avremo fatto tutto quello che in quel preciso istante potevamo fare. Lo Psicologo accoglierà la nostra richiesta di aiuto, mettendo in atto tutta una serie di strategie, impiegando strumenti per far sì che l’altro possa fare un lavoro su sé stesso, riscoprendo le proprie risorse interiori, ed accettando i propri punti di debolezza. Alla base di un qualsiasi lavoro di sostegno psicologico, la motivazione della persona, l’impegno e la tenacia.

Dallo Psicologo ci vanno solo le persone che accusano dei sintomi specifici?

La risposta è no. Si parla quasi sempre dello Psicologo che interviene per aiutare la persona a fronteggiare una certa problematica ma quasi mai si parla dello Psicologo che si occupa del benessere della persona, delle organizzazioni, dei gruppi e delle comunità. Una delle attività che spetta alla figura dello Psicologo è la prevenzione. Cosa si intende per attività preventive? Si tratta di interventi che in qualche modo cercano di prevenire una certa problematica. La prevenzione è intesa anche come atto valutativo di situazioni di rischio, comprende tutte quelle
attività finalizzate a sensibilizzare, informare ed anticipare atteggiamenti, comportamenti
e condotte a rischio.

Perché fa ancora così paura la figura dello Psicologo?

Lo Psicologo fa paura, ma oggi più che la figura di per sé direi che generalmente le persone hanno timore di affrontare la problematica, di comprendere il proprio malessere; hanno paura di stravolgere completamente la propria esistenza, di ribaltare tutti gli schemi quotidiani che fino a quel momento li hanno rassicurati, di mettere le carte in tavole, cioè di guardare ai propri problemi, di riflettere sull’origine degli stessi. Le persone hanno paura di stare ulteriormente male o di peggiorare la propria condizione.

 

Ricorda:

“Che cosa sarebbe la vita se non avessimo il coraggio di fare tentativi?”
(Vincent van Gogh)

“Vi sarà forse capitato qualche volta di non essere riusciti a portare a termine alcuni tentativi e su questa base vi siete convinti di essere degli incompetenti, degli incapaci. Questa credenza, una volta che vi siete convinti che sia vera, può diventare una specie di profezia, di autocondanna. Potete dire: “Perché tentare, visto che tanto poi non riuscirò comunque a portare a termine quello che voglio fare?”
(Anthony Robbins)

“Posso accettare di fallire, chiunque fallisce in qualche cosa. Ma non posso accettare di non tentare.”
(Michael Jordan)

“Vivere senza tentare, significa rimanere con il dubbio che ce l’avresti fatta.”
(Jim Morrison)

 

Dott.ssa Veronica Servidio – Psicologa (Roma, 3491372067)

Pagina fb Veronica Servidio – Psicologa