Perché ho insegnato a me stesso a procrastinare

D’abitudine, avrei finito di scrivere questo testo settimane fa. Ma ho continuato a rimandare perché il mio proposito per il nuovo anno è quello di procrastinare di più.

Mi spiego.

Pensiamo alla procrastinazione come a una maledizione. Oltre l’80 per cento degli studenti universitari è afflitto da questo male e si ritrova a passare epiche nottate per finire di prepararsi agli esami. Circa il 20 per cento degli adulti ammette di essere un “procrastinatore” cronico. 

Ma mentre procrastinare è un vizio per la produttività, ho imparato – contro le mie inclinazioni naturali – che è una virtù per la creatività.

Per anni, ho creduto che tutto ciò che valeva la pena fare bisognasse farlo presto. Alla scuola di specializzazione ho presentato la mia tesi con settimane di anticipo. All’università, ho consegnato la mia tesi quattro mesi prima della data di scadenza. I miei coinquilini scherzavano sul fatto che avessi una forma produttiva di disturbo ossessivo-compulsivo. Esiste un termine per la mia condizione: pre-crastinazione.

Pre-crastinare è la voglia di cominciare immediatamente un compito e finirlo il più presto possibile. Se sei un serio pre-crastinatore, fare le cose è come l’ossigeno e rimandarle è agonia. Quando la casella della posta in arrivo è piena di e-mail e non rispondi all’istante, ti senti come se la tua vita fosse fuori controllo. Quando devi tenere un discorso, ogni giorno che non passi a lavorarci su porta con sé un senso strisciante di vuoto, come se ti succhiassero via la gioia dall’aria.

All’università, la mia idea di giornata produttiva era di iniziare a scrivere alle 9 del mattino e di non lasciare la sedia fino all’ora di cena. Stavo inseguendo il “flusso”, lo stato mentale descritto dallo psicologo Mihaly Csikszentmihalyi nel quale sei così assorbito da un compito da perdere il senso del tempo e del luogo. Cadevo così profondamente in quella zona di concentrazione che i miei coinquilini una volta hanno dato una festa mentre stavo scrivendo e non me ne sono accorto.

I procrastinatori invece, come scrive lo scrittore Tim Urban sul blog Wait But Why, sono in balia di un gratificazione istantanea che abita il loro cervello, dicendosi cose come “Perché dovremmo mai usare un computer per lavorare quando Internet è proprio lì in attesa di essere usato per cazzeggiare?”

Se sei un procrastinatore, superare questa barriera può richiedere quantità  di forza di volontà enorme. Allo stesso modo, un pre-crastinatore, potrebbe avere bisogno della stessa forza di volontà per non lavorare.

Qualche anno fa, però, una delle mie studentesse più creative mi interrogava sulle mie abitudini di vita. Mi ha detto che le sue idee più originali le erano venute dopo aver procrastinato. L’ho sfidata a dimostrarlo. Ha accettato la sfida: in un paio di aziende ha intervistato il personale sul tema del procrastinare, e ha chiesto ai loro supervisori di valutarne la creatività. I procrastinatori hanno guadagnato punteggi significativamente più alti di creatività rispetto al pre-crastinatori come me.

Non ci credevo. Così la mia studentessa, ha progettato alcuni esperimenti. Ha chiesto alla gente di pensare a nuove idee di business. Alcuni dovevano farlo subito e in modo casuale. Ad altri sono stati dati cinque minuti per giocare prima a Solitario. Tutti hanno presentato le loro idee, e valutatori indipendenti hanno esaminato quanto fossero originali. Le idee dei procrastinatori erano per il 28 per cento più creative.

Quando le persone giocavano prima di venire incaricate del compito, non vi era alcun aumento della creatività. Solo quando sapevano già in principio il tipo d’attività da svolgere, pensavano a idee più innovative. Si è scoperto che l’indugio incoraggia il pensiero divergente.

Le nostre prime idee, dopo tutto, sono di solito le più convenzionali. La mia tesi di laurea all’università replicava un sacco di idee esistenti invece di introdurne di nuove. Quando si procrastina, è molto più probabile liberare la propria mente. Ciò dà una migliore possibilità di inciampare su qualcosa di insolito e modelli inaspettati. Quasi un secolo fa, lo psicologo Bluma Zeigarnik ha scoperto che la gente aveva memoria migliore delle cose che non aveva portato a termine rispetto a quelle che aveve concluso. Quando finiamo un compito, archiviamo. Ma quando questo resta nel limbo, rimane attivo nella nostra mente.

A malincuore, ho riconosciuto che procrastinare potrebbe aiutare la creatività di tutti i giorni. Ma per la grandi imprese, sarà diverso, no?

Sbagliato. Steve Jobs procrastinava continuamente, molti dei suoi collaboratori lo hanno detto. Bill Clinton è stato descritto come un “procrastinatore cronico” che aspetta fino all’ultimo minuto per rivedere i suoi discorsi. Frank Lloyd Wright ha trascorso quasi un anno a procrastinare su un lavoro commissionato, al punto che il suo datore di lavoro insistette perché producesse un disegno sul posto. Divenne Fallingwater, il suo capolavoro. Aaron Sorkin, lo sceneggiatore dietro “Steve Jobs” e “The West Wing”, è noto per aspettare di scrivere fino all’ultimo minuto.  Dalle critiche si difendeva così: “Tu la chiami procrastinazione, io la chiamo pensare.”

E se la creatività avesse bisogno della procrastinazione? Ho deciso di fare un tentativo. Non sono estraneo all’auto-disciplina. Così mi sono svegliato una mattina e ha scritto una to-do list al fine di procrastinare consapevolmente. Poi ho deciso di raggiungere l’obiettivo di non fare progressi verso i miei obiettivi. Non è andata ottimamente.

Il primo passo è stato quello di ritardare i compiti creativi, a partire da questo articolo. Ho resistito alla tentazione di sedermi e iniziare a digitare, ho aspettato. Mentre procrastinavo (cioè, il pensavo), mi sono ricordato di un articolo che avevo letto mesi prima sulla procrastinazione. Mi resi conto che potevo usare le mie esperienze da procrastinatore per preparare il terreno per i lettori.

Quando ho iniziato a scrivere, mi sono fermato nel mezzo di una frase e mi sono allontanato. Quando sono tornato a scrivere più tardi, ero in grado di riprendere da dove avevo lasciato i miei pensieri. Mitch Albom, autore di “Tuesdays with Morrie,” utilizza lo stesso trucco. “Se abbandoni nel bel mezzo di una frase, è fantastico,” mi ha detto. “Non desideri altro che riprenderla la mattina successiva.”

Una volta finita la bozza, l’ho messa via per tre settimane. Quando ci sono tornato sopra ho pensato: “Che razza di idiota ha scritto questa spazzatura?” E ne ho riscritto la maggior parte. Con grande sorpresa, avevo un po’ di materiale fresco a mia disposizione: durante quelle tre settimane, per esempio, un collega aveva menzionato il fatto che il signor Sorkin era un procrastinator avido.

Quello che ho scoperto è che in ogni progetto creativo, ci sono momenti che richiedono un pensiero più laterale e, sì, più lento. Il mio naturale bisogno di finire presto era un modo per spegnere pensieri di complicazione che potessero generare nuove direzioni. Stavo evitando il dolore del pensiero divergente – ma anche perdendo i suoi frutti.

Naturalmente, la procrastinazione può andare troppo lontano. Jihae aveva assegnato casualmente a un terzo gruppo di persone di attendere l’ultimo minuto per iniziare il progetto. I risultati non erano affatto creativi. Hanno dovuto correre per realizzare l’idea più semplice invece di lavorare su qualcosa.

Per frenare questo tipo di procrastinazione distruttiva, la scienza offre alcune indicazioni utili. In primo luogo, immaginate voi stessi che fallite incredibilmente, e la conseguente frenesia d’ansia che può rimettere in moto il motore. In secondo luogo, abbassate i vostri standard su ciò ritenete come il progresso, e sarete meno paralizzati dal perfezionismo. Ritagliarsi piccole finestre di tempo può aiutare: lo psicologo Robert Boice aiuta i laureandi a superare il blocco dello scrittore, insegnando loro a scrivere per 15 minuti al giorno.

Ma se sei un procrastinatore, la prossima volta che starai sguazzando nell’oscuro parco giochi della colpa e dell’odio verso te stesso e la tua incapacità di cominciare un’attività, ricordati che il giusto tipo di procrastinazione potrebbe renderti un tipo più creativo. E se sei un pre-crastinatore come me, potrebbe valere la pena padroneggiare la propria disciplina per costringerti a procrastinare!

Testimonianza di Adam Grant, professore di management e psicologia presso la Wharton School della University of Pennsylvania, giornalista per il NYTimes e autore di “Originals: How Non-Conformists Move the World.” Articolo apparso su SundayReview di The New York Times.