Per essere se stessi ci vuole tempo

L’uomo è prima di tutto un animale. Una buona parte dei nostri comportamenti sono dettati da necessità biologiche governate dal nostro cervello più primitivo, quello rettiliano. Però rispetto agli altri animali abbiamo delle abilità accessorie.

Amo gli animali, ho un gatto che mi fa un sacco di coccole e con cui mi intrattengo volentieri. Però, temo che il suo miagolare nella mia direzione sia dettato più dalla sua voglia di cibo, o dalla sua voglia di uscire, che dal piacere puro per la buona conversazione.

In questo intravedo una differenza fondamentale tre me e il mio gatto. Lui agisce in modo più razionale di me.

Tutto quello che fa ha un fine mentre io faccio un sacco di cose così, tanto per fare, senza che abbiamo un’effettiva utilità. Noi essere umani abbiamo sviluppato il gusto dell’inutile.

essere se stessi

Quanto è bello chiacchierare senza motivo.

Posso passare ore seduto al tavolino di un bar a parlare del più e del meno con un amico. Sono disposto anche a pagare prezzi folli per cocktail mediocri pur di farlo. L’unico guadagno che ne traggo è il piacere della compagnia. Ci sono svariati modi per stare in compagnia, ma chiacchierare è uno di quelli che preferisco.

Perché ci metto del mio. Quando ciarlo del più e del meno, senza che il mio parlare debba portare da qualche parte, posso essere veramente me stesso.

Un bel vantaggio in un mondo dove tutti ti chiedono di essere qualcun altro.

Quanto c’è di mio in quello che racconto quando chiacchiero.

A volte, quando parlo del più e del meno con un amico, mi rendo conto di cadere nel citazionismo. Si parte da qualcosa di letto su internet, letto la sera, visto in tv o chissà, e poi da questo incipit si comincia a parlare. Più volte mi sono accorto che dalla mia bocca uscivano frasi già sentite o lette. Non lo facevo volontariamente, era una sorpresa anche per me. Altre volte addirittura non me ne accorgevo ma mi è stato fatto notare dal mio interlocutore. Cioè, non sapevo di dire cose non inventate da me.

Per questo mi sono interrogato su quanto di mio ci sia in quello che racconto quando chiacchiero.

Ho scoperto che quando parlo di cose appena lette o viste, tendo a citare molto di più di quanto non faccia nei miei racconti di cose lette o viste molto tempo fa. Forse so anche il perché.

 

Per essere se stessi ci vuole tempo.

Elaborare un pensiero richiede un tempo fisiologico di incubazione. Non nasce così per caso, senza sforzo. Perciò, appena letto un articolo difficilmente sarò in grado di utilizzare quanto appreso per ampliare la mia personale visione del mondo. Se ne parlo, mi limiterò a fare il pappagallo.

Però, se passa abbastanza tempo da permettermi di mescolare le nuove informazioni con quelle che ormai ho accumulato nella vita, allora produrrò qualcosa di inedito.

Ogni cosa inedita sono io, il resto è plagio.

Io sono me stesso solo nella sintesi tra le nuove informazioni e quelle vecchie che ormai fanno parte di me. E, a dirla tutta, quando chiacchiero con qualcuno, preferisco mostrare me stesso anziché il report pedissequo di qualche riflessione altrui.

 

Quanto è difficile essere se stessi.

Per assorbire le nuove informazioni ci vuole tempo, ma oggi ci sono molte cose che ci succhiano il tempo. La settimana scorsa mi sono accorto di aver condiviso una cosa letta su facebook, molto prima di averla capita.

Oggi mi sto ancora chiedendo perché. In quel post condiviso non c’ero io, non c’era la mia visione del mondo, non c’era nemmeno un pensiero maturo. C’era solo tanta frenesia e voglia di velocità.