Penso dunque soffro

Tutti soffrono.

Se riflettete bene tutti soffrono perché pensano.

Si può soffrire anche quando colpisci lo spigolo con il mignolo del piede, in quel caso però credo si debba parlare piuttosto di dolore. Da un lato la risposta fisiologica che ci avverte di smettere di colpire lo spigolo con il mignolo, dall’altro il pensiero che si fa angoscia e sofferenza.

Il minimo che si può dire di chi si provoca sofferenza attraverso il pensiero è che non sia capace di pensare bene.

“Nel profondo la mente concepisce l’uomo solo in una dimensione esterna e la consapevolezza della vita non può che essere angoscia”. Lo diceva con queste parole André Malraux nel romanzo La condizione umana. Ma con altre parole l’hanno detto un po’ tutti. Schopenhauer sul tema dell’impossibilità di raggiungere la felicità c’ha costruito una carriera accademica. Houellebecq ha fatto i milioni parafrasando Schopenhauer.

Nella storia ogni filosofo, scienziato, intellettuale o persona normale ha trovato il suo antidoto alla “condizione umana”. Per Malraux era l’oppio, per Schopenhauer il sublime, per Houllebecq la figa e per molti sono i programmi della D’Urso. Tutte cose che spostano il focus attentivo dal pensiero rivolto verso l’interno a quello rivolto verso l’esterno.

È solo quando smettiamo di essere il centro del mondo che possiamo aspirare alla felicità.

Ogni uomo è pazzo e il destino umano è quello di coniugare questa pazzia con le leggi dell’universo. Penso dunque soffro perché attraverso il pensiero è impossibile trovare la soluzione al rebus della vita. L’unica cosa da fare è cercare di godersi quello che passa senza la pretesa di poterlo possedere e ripetere a nostra discrezione.

Faccio l’ultimo esempio che risolve l’intero discorso e poi vi lascio andare.

C’è chi lavora con fatica per costruire la situazione che desidera. Banalizzando in maniera brutale potremmo dire che desira un certo tipo di casa, di macchina e di partner. Supponiamo che inizi a desiderare queste tre cose a ventanni e le ottenga a trentacinque. La cosa più probabile è che in quindici anni i suoi desideri siano cambiati al punto di aver ottenuto tre cose che non ha più la testa per godersi. Un desiderio appagato in ritardo non va bene. Tutto nella vita ha una data di scadenza.

Basta non pensarci e cercare di afferrare nel presente ogni piccolo momento di felicità.

 

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