UN PAPÀ SPARA E UCCIDE LE SUE FIGLIE

“Un papà spara e uccide le sue figlie”

Così risuona dentro. Ancora, ancora, ancora.

Per quanto eviti di ascoltare il telegiornale per non inquinarmi la mente… questa notizia mi è arrivata come una bomba.

Perché?

Perché succede questo?

Perché si arriva a tanto?

Un uomo che tenta di uccidere la moglie, già sconvolge, ma l’arrivare a uccidere i propri figli, questo no.

Questo è troppo.

Di fronte a tali notizie, cala un silenzio assordante che in tempo-zero si inonda di interrogativi disturbanti perché sono quelli della ricerca del Senso e del Significato, delle relazioni, della vita… di Tutto.

A quelle domande nessuno darà mai risposta e, di certo, per quanto io sia psicologa, non è mia intenzione fare diagnosi o letture psicoanalitiche del “profilo” di quest’uomo o analisi di questo gesto così crudele.

Non servirebbe a molto se non a razionalizzare ciò che è successo, cercando di incasellarlo dentro schemi di comprensibilità, e quindi di accettabilità, per rendere quell’evento meno pericoloso e spaventoso, più “innocuo”.

Le emozioni però continuano a macinare dentro.

Perché.

…perché…

Come può un papà uccidere le sue figlie.

Come può un uomo frantumare con un colpo di pistola la vita di chi ha contribuito a mettere al mondo.

In ognuno di noi si è smosso qualcosa che si è agganciato sia a vissuti personali, alla propria storia, sia ad un patrimonio di pensieri, emozioni, definizioni culturali, sociali, universali.

Come uscire da questo impasse, sempre se è possibile farlo?

Sì, perché di fronte a una bomba simile, non ci sono dei “tempi” predefiniti.

Certo, c’è chi non ci pensa. C’è chi sminuisce o generalizza quell’evento. C’è chi usa frasi fatte. C’è chi prega. C’è chi cerca risposte. C’è chi pone domande. C’è chi ne parla e chi invece preferisce il silenzio.

Ognuno, a modo suo, cerca la strategia più efficace o più conosciuta per superare lo sgomento del momento.

Io ci invito a fermarci. E sì, anche io con voi.

Fermarci a sentire le nostre emozioni, a contattare il nostro cuore, ad aprire quegli spazi di domanda affinché si trasformino in possibilità di introspezione e di evoluzione, di crescita, di miglioramento.

Per noi.

Per i nostri partner.

Per i nostri figli.

Per i nostri genitori.

Per chi ci sta intorno.

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© DR.SSA ILARIA CADORIN

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