LA TRAPPOLA DELL’ESSERE COME GLI ALTRI CI VOGLIONO

LA TRAPPOLA DELL’ESSERE COME GLI ALTRI CI VOGLIONO
LA TRAPPOLA DELL’ESSERE COME GLI ALTRI CI VOGLIONO

Secondo l’Analisi Transazionale, ciascuno di noi cresce ricevendo dai propri genitori, e più in generale dalle figure di riferimento principali, dei messaggi che lo “forgiano”, lo guidano nella costruzione della propria identità e dei propri modelli comportamentali. Alcuni di questi messaggi limitano la spontaneità del Bambino Libero più o meno pesantemente. tali messaggi sono stati individuati da Kahler in 5 “spinte”: “sforzati”, “compiaci”, “sii perfetto”, “sii forte”, “sbrigati”. Le spinte sono per l’autore messaggi che, spingono ancora di più nel Copione e anche se sembrano apparentemente positivi, in quanto sono espressi in positivo e contengono un’esortazione, in realtà sono messaggi negativi in quanto contengono una svalutazione implicita: “non sei Ok così come sei, ma sei Ok se sei forte, se compiaci etc…”. Tutti i bambini ricevono tutti i messaggi di spinta, ma ce ne è uno che sentono più spesso o che recepiscono di più o che si ripetono più spesso. Questo messaggio è quello che per Kahler diventa la spinta primaria. Ciascun messaggio comporta una serie di comportamenti messi automaticamente in atto, nello sforzo di adeguarsi a quanto richiesto dalla spinta, e quindi dall’ambiente sociale in cui è inserito. Quello che succede è che ognuno di noi, da adulto, quando è sotto stress, smetterà di essere nello stato dell’Io Adulto, sarà nello stato dell’Io Bambino Adattato e sentirà i messaggi di spinta, ovviamente, quello che sentirà di più è il messaggio della spinta primaria e ne metterà in atto i relativi comportamenti.

 

Approfondiamo in questo articolo la spinta “compiaci” per esaminare come si manifesta.

In generale possiamo anticipare che la presenza di tale spinta come preponderante genera modalità di interazione con gli altri di tipo passivo, sottomissione e compiacenza, che vengono  messe in atto per piacere agli altri, ma che creano poi un atteggiamento controproducente.

 

Le persone con la spinta “compiaci” si preoccupano sempre di piacere agli altri, temono di venire abbandonati, esclusi, derisi, rifiutati, temono il conflitto, e per questo indossano la maschera del “buono”, del compiacente che si adatta.

 

IMPARIAMO A CONOSCERE LE CARATTERISTICHE DI QUESTE PERSONE

 

Fanno tutto quello che gli si chiede, dicono quello che gli altri si aspettano che dicano, sono sempre d’accordo con chi hanno di fronte e, in ogni caso, mai apertamente in disaccordo.

 

Si adeguano ad ogni circostanza e pare non facciano mai lo sforzo di farlo, ma che anzi, gli vada benissimo così.

 

“Dove andare stasera? Mah, decidete voi, a me va bene tutto!”.

 

Le persone mosse dalla spinta alla compiacenza fanno fatica a manifestare le loro reali emozioni o forse anche di esserne consapevoli. Se sono arrabbiati, sorridono. Se sono delusi, sembrano soddisfatti. Se hanno mille impegni, si mostrano disponibili ad accettare anche altre richieste pur di non deludere gli altri.

 

I compiacenti sono persone che vivono dominate dalla paura di scontentare chiunque abbiano davanti, vivono con ansia qualsiasi relazione perchè temono di non piacere o di essere rifiutati se non sono all’altezza delle aspettative degli altri.

E inoltre non possono manifestare quello che pensano veramente perché, se questo è contrario a ciò che pensa l’altro, potrebbe generare una situazioni di conflitto o anche solo di tensione e stress che loro temono terribilmente.

 

I compiacenti, con questo modo di fare, portano le relazioni – amicali, sentimentali e lavorative – verso un inevitabile fallimento. Un fallimento di cui non si spiegano le ragioni e che fanno una gran fatica ad accettare, perché convinte che la strategia del “non deludere” sia la migliore per far andare bene le cose. È un caso estremo, certo. Ma è vero che tanti di noi sono mossi nel loro intimo dal desiderio di piacere agli altri, al punto da rischiare a volte di snaturare ciò che siamo.

 

 

PAURA DELL’ABBANDONO

 

Alcuni concetti dell’Analisi Transazionale possono aiutarci a descrivere e comprendere meglio queste dinamiche emotive e relazionali.

 

Da piccoli, con il nostro “Piccolo Professore” (la nostra parte creativa ed intuitiva) abbiamo compreso che all’occorrenza sarebbe stato meglio per noi indossare la maschera di “colui che non delude”, di “colui che asseconda” per aver dei vantaggi, nella relazione con i nostri genitori, per esempio, o con altri adulti di riferimento, quali gli insegnanti.

Questi meccanismi ci consentono, sin da piccoli, di apprendere regole e comportamenti adeguati ad un contesto, senza però limitare la nostra spontaneità e creatività.

 

Alcuni di noi, poi crescono non riuscendo più a togliersi la maschera, limitando la naturalezza del proprio Bambino Libero, spegnendo l’intuizione del Piccolo Professore e investendo tutta la loro energia in uno Stato dell’Io chiamato Bambino Adattato.

Chi non riesce mai a togliersi la maschera di “colui che si adatta” ha una tale paura di deludere e di venire abbandonato che tutta la sua vita viene condizionata. Forse il comportamento dei genitori, e poi le prime esperienze di incontro con il mondo esterno, lo hanno convinto che, se non si contraddicono gli altri, si viene accettati o, quantomeno, non si viene puniti: si ottiene la loro clemenza ed il loro amore.

 MA FUNZIONA LA COMPIACENZA?

 

Chi vive nello sforzo di essere come l’altro vuole, sacrifica la qualità della propria vita in cambio della sopravvivenza emotiva, vivendo fuori dal contatto con sé stesso, accumulando frustrazione, stress, ansia.

Chi vive nella compiacenza poi accumula bollini di rabbia, e dall’essere passivo a accondiscendente, passa facilmente nella posizione opposta del Persecutore, accusando gli altri di poca gratitudine.

 

E’ tipico in una relazione di coppia, per esempio, uno dei due partner non si espone mai, non esprime disaccordo, ma nemmeno esplicita ciò che desidera, e poi ha uno scoppia di rabbia. L’altra reagisce dicendo: “Potevi dirlo che non eri d’accordo!”, ebbene è vero: poteva dirlo. O meglio: doveva. Per rispetto di sé stesso.

 

 

E quindi impara a piacerti e non a piacere

 

Ma come?

 

 

CONOSCI ED APPREZZA CIÒ CHE SEI

 

La prima persona che deve star bene con te sei te stesso.

Quindi inizia a scoprire le tue risorse, inizia a metterti in ascolto di ciò che sei, impara ad illuminare le dissonanze, le contraddizioni tra ciò saresti tentato a fare, ad essere e ciò che andrebbe proprio in direzione opposta. Dagli spazio, non agirlo in maniera ribelle, ma esprimilo. Riconosci le tue esigenze e falle presenti agli altri. Se non le conoscono non potranno mai prenderle in considerazione, ma se non le conosci neppure tu… non puoi pretendere che lo facciano gli altri.

 

Ognuno è responsabile delle proprie necessità e delle proprie emozioni.  Dai più ascolto alle tue emozioni, ai tuoi pensieri. Imparerai pian piano a tirarli fuori in maniera adeguata e utile a te, sopratutto.

Articolo a cura della:

Dottoressa Annalisa Sammaciccio

Psicologa Psicoterapeuta a Padova

Via Camillo Manfroni 6-Padova

www.annalisasammaciccio.com

tel. 3492945107