LA NORMALITÀ DEL FALLIMENTO

ilaria cadorin

Può succedere, o essere successo, a tantissimi di noi, di avere la sensazione di aver fatto dei passi indietro.

Quella stabilità/ quella capacità/ quella forza/ quel nuovo modo di comportarmi o di pensare, che credevo o persino ero certo/a di aver fatto mio, in una situazione particolare si dissolvono, facendo spazio a modalità vecchie, poco efficaci, poco sane per me, di far fronte alla vita.

La sensazione di fallimento, che tanto temevo, era dietro alla porta e, come avevo previsto, si è ripresentata.

Tutto questo, è normale?

La mia risposta è !

Anzi: è normalissimo!

Noi non siamo dei computer, nei quali una volta che è stata scaricata una nuova applicazione, allora quella è data per certa e assodata: c’è per sempre.Noi siamo delle persone.

Scivoliamo. Cadiamo. Sbagliamo

Il corpo, per esempio, ha spesso un organo o punto-“bersaglio” specifico nel quale si riflettono le tensioni interne quando queste non sono più contenibili.

Ci sono persone a cui “scoppia il mal di testa”, altre che convivono con gastriti o problemi dell’apparato gastrointestinale, altre che accumulano le tensioni nella muscolatura, in special modo nella zona cervicale, fino a veri e propri blocchi, altre somatizzano nell’apparato genitale, spesso le donne, con problemi quali candida o cistiti recidive.

Oppure ci sono persone che di fronte allo stress hanno sviluppato, nel corso della vita, modalità di reazione particolari: c’è chi scoppia di rabbia, chi si chiude in se stesso, chi riprende a fumare sigarette o a cadere nella sua “dipendenza” (anche alimentare: o mangio o non mangio), chi non riesce più a concentrarsi sul lavoro, chi invece sul lavoro si butta a capofitto, dimenticando tutto il resto (se stesso, il/la partner, i figli… la vita), chi vive espressioni simili-“attacco di panico”.

Voi arrivate nel mio studio con le vostre personali modalità, consce o inconsce, e piano piano, cominciate a rendervi conto che riuscite ad affrontare la vita in un modo via via sempre più adeguato, equilibrato, sano per voi.

Passano i mesi… il cambiamento ormai sembra essere consolidato.

Ma…. Ma un giorno entrate nel mio studio: in crisi.

Delusi. Affranti. Amareggiati…. arrabbiati.

E mi raccontate di una cosa che vi è successa, che vi ha destabilizzati moltissimo e il cui esito è stato il ritorno a quella vecchia modalità di espressione della tensione, che sia sul corpo o che sia di reazione comportamentale.

“Dr.ssa, non ce l’ho fatta. Mi sento di aver fatto dieci passi indietro. Ormai non succedeva da tempo che di fronte ai miei figli io scoppiassi in scenate assurde. Mi sono sentiva uno schifo.” – Anna (nome fittizio)

“Credevo di essere riuscito a cambiare. E invece… Avevo passato una giornata molto pesante ma credevo di poterla gestire. La sera sono uscito con amici in un locale e mi è venuto un attacco di panico. Speravo che non mi sarebbe più tornato.” – Giovanni (nome fittizio)

Vi stupite però nel vedere che non sono sconvolta, quanto voi.No, non sono stupita: perché siamo esseri umani.

Già cadere e rendersi conto di essere caduti, è un grandissimo traguardo.Sì, perché non tutti ritengono le loro reazioni allo stress “non-sane”.

La caduta, il fallimento, il comportamento non adeguato allo stress, in sé e per sé, non è generalmente un problema.

Lo diventa se non lo vedo come tale. È un problema, ad esempio, se ritengo normale che quando mio figlio di 5 anni rompe qualcosa, l’unico modo che io ho per fargli capire che quella cosa non era da fare, è picchiarlo. Perché casomai la violenza, nella famiglia d’origine, era l’unico “modello educativo” appreso. Ma questo non mi giustifica.

Se io corro a 200 all’ora in macchina e faccio un’incidente, se da quell’incidente non imparo qualcosa, continuerò a correre a 200 all’ora, rischiando ancora una volta di far male a me e agli altri.

Se invece quell’incidente diventa motivo di profonda riflessione e messa in discussione personale, allora potrò cambiare la mia vita.

Scivolare, cadere, sbagliare, è normale.

Non accorgersi di scivolare, cadere, sbagliare, è patologico.

Riflettere sulla scivolata, sulla caduta, sullo sbaglio, è crescere.

Riuscire a tenersi in piedi di fronte al rischio di scivolata, caduta o errore, è essere arrivati.

© DR.SSA ILARIA CADORIN

Psicologa n°9570 Albo Psicologi del Veneto

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