Il colloquio clinico

Unità minima e asse portante dell’esame psicodiagnostico è il colloquio clinico che ha come finalità precipua l’esame del problema che porta il paziente a rivolgersi a uno psicologo clinico e sta allo psicologo collocare tale problema all’interno di un reticolo di elementi costituiti dalla storia personale del soggetto, dall’insieme delle sue caratteristiche personologiche, dalla rete di relazioni familiari e sociali.

Il colloquio clinico va al di là del semplice livello dell’ascolto empatico e rappresenta un’attività tecnica che si avvale di una competenza professionale specialistica.

Il colloquio clinico:

  • Utilizza materiale verbale ed esplora il cosiddetto sistema cognitivo-verbale: ciò che il paziente pensa e ciò che il paziente dice di sé.
  • Rappresenta un setting di osservazione specifico strutturato: allo psicologo clinico offre un segmento, sia pure piccolo, di osservazione del comportamento del paziente in una situazione data.
  • Costituisce un esempio di comportamento interpersonale significativo: consente perciò l’analisi delle variabili di relazione che si stabiliscono nell’interazione tra paziente e psicologo.

Il primo colloquio prende avvio con alcuni limitati convenevoli sociali cui fa seguito l’apertura vera e propria, in genere con una domanda molto aperta del tipo “di che problemi parliamo?”

Lo psicologo cerca poi di ottenere un’ampia e precisa descrizione del problema lamentato attualmente: l’attenzione è sul presente, su quanto avviene, su quanto la persona pensa e prova e il colloquio tenderà a individuare variabili che influenzino aspetti elementari del problema in esame e risalirà poi al primo insorgere del problema e lo ripercorrerà nel tempo fino al momento attuale.

Una volta esaurita l’esplorazione del problema iniziale, lo psicologo allargherà l’esame agli ulteriori problemi presenti attualmente al di là di quello proposto inizialmente.

Un ampio spazio sarà poi dedicato alla storia personale: questa fase mette fra parentesi gli elementi problematici o francamente patologici, che hanno verosimilmente dominato fin qui il colloquio, per ripercorrere la storia della persona nei suoi elementi e nei suoi avvenimenti “normali”.

Infine, nelle sue fasi conclusive, il colloquio ritornerà su quanto il paziente si aspetta dallo psicologo clinico e dall’esame psicodiagnostico in corso.

Il colloquio clinico che conclude l’esame psicodiagnostico non è più volto a raccogliere informazioni, ma a dare informazioni e lo psicologo richiama il filo logico che ha guidato il colloquio o i colloqui intercorsi e fornisce ampie informazioni sui risultati dei vari test, esame e tecniche psicodiagnostiche che possono avere integrato i colloqui spiegando nel modo più semplice e trasparente quanto l’esame psicodiagnostico ha messo in luce.

 

 

 

Fonti: Atkinson & Hilgard’s, Introduzione alla psicologia, Piccin, Padova 2011; Sanavio, Cornoldi, Psicologia Clinica, Bologna, il Mulino, 2001; Del Corno, Lang, Elementi di psicologia clinica, Franco Angeli, 2013.