Chi soffre sta simpatico a tutti

La vita è fatta di piccole battaglie quotidiane dall’esito incerto. Discussioni in famiglia, sfide lavorative, polemiche con qualche amico o a volte anche con qualche sconosciuto. Non tutti sono necessariamente momenti spiacevoli, ma tutti implicano lo sforzo per venirne a capo. Per superare e risolvere una tensione.

In mezzo a tutto questo ci sono delle giornate storte che partono come tutte le altre, ma poi prendono una piega drammatica.

Tutto dipende da cosa metti al centro della tua attenzione

Alcune persone sono molto brave a sottolineare i dettagli peggiori della propria vita e di quella degli altri. E vi dirò di più, è un’abilità che come tutte le abilità si può imparare con l’allenamento. Facciamo un esempio di qualche esercizio utile per allenare il pessimismo.

Un giorno, in modo non del tutto inaspettato ma quasi, vieni lasciato.

La prima cosa da fare è soffrire. Soffri perché il cambiamento è piovuto all’improvviso, soffri perché non sei d’accordo con la scelta del tuo partner, soffri perché l’amore è un legame e quando lo spezzi fa male come se ti rompessi una gamba.

E siccome soffrire è il comportamento corretto in questa circostanza, soffri.

Ma ognuno di noi è speciale, soprattutto per se stesso. Quindi anche il tuo amore finito male era speciale, il più speciale di tutti. Purtroppo tutto quello che ti resta da fare è renderlo speciale nel dolore. Questo non lo sai, è inconsapevole, ma la tua psiche si organizza per far diventare la tua sofferenza la più bella di tutte.

Allora invece di uscire con gli amici e distrarti, vai a ricercare tutte le foto che vi siete fatti assieme, rileggi i messaggi che vi siete inviati, vai a ripescare tutti i regali che ti ha fatto e, anche quando esci con gli amici, non parli d’altro.

La sofferenza è presente dentro ogni giornata di qualunque persona, ma per te diventa l’unica cosa che conta.

Chi soffre sta simpatico a tutti

L’esempio che abbiamo fatto per la sofferenza è vero anche per la felicità. Nel senso che a livello teorico, possiamo ingannarci che tutto sia bello proprio come riusciamo a ingannarci che tutto sia brutto. Ma la prima ipotesi capita di rado.

Perché la nostra società condanna la felicità.

Fateci caso, le persone eccessivamente felici stanno antipatiche. Invece appena soffri trovi stuole di filantropi emotivi pronti a rincuorarti. E allora, sempre a livello inconsapevole, sottolineiamo i nostri problemi per farci accettare dagli altri.

Questo accade perché l’uomo è per sua natura competitivo. Però la competizione è antipatica, crea rivalità.

In questo il dolore è geniale. Perché la sfida a chi soffre di più non crea rivalità, crea empatia.

Continuiamo l’esempio di prima. Immaginate due ragazze che si raccontano quanto siano meravigliosi i rispettivi compagni. Il mio fa questo, il mio fa quello, il mio mi ha regalato questo, il mio quest’altro e così via alimentando una battaglia per stabilire chi dei due abbia il fidanzato migliore. Come pensate che si sentirà la sconfitta?

Immaginate invece le stesse due ragazza che parlano di quale dei loro ex fosse più miserabile. Il gioco è lo stesso ma finisce senza astio, perché prevaricare sull’altro in questo caso significa essere in una condizione peggiore della sua, e quindi attirare procurare tenerezza.

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