ATTACCHI DI PANICO: QUANDO LA PAURA SI IMPOSSESSA DI NOI

L’APA (American Psychological Association) definisce l’attacco di panico come un’improvvisa paura che travolge chi ne viene colpito; deriva da uno stato di allerta ma non è legato a nessuna ragione reale.

Gli attacchi di panico sono caratterizzati da un sentimento di intensa paura; paura di un disastro, che possa succedere qualcosa o di perdere il controllo (NIHM – National Insitute of Mental Health). Per cui il soggetto che ne soffre vive per circa 20/30 minuti una modalità di pensiero assolutamente negativa: paura per il futuro, pensieri distopici, creatività spesa per mettere insieme gli scenari peggiori.

Gli attacchi di panico sono considerati il preludio al disturbo di panico, una condizione di disagio molto forte che colpisce circa una persona ogni 60 abitanti. Il disturbo da attacchi di panico ha il suo esordio generalmente a cavallo tra l’adolescenza e la prima età adulta, ma ciò non significa che non si possano avere delle avvisaglie già in età infantile o un esordio in età avanzata. Ciò avviene a seguito di traumi che risvegliano quel senso di paura e timore tenuto nascosto per diversi anni ma che in realtà è ascrivibile a traumi infantili; pertanto lo sviluppo è imputabile ad episodi di vita carichi di elevati gradi di stress (morte di una persona cara, nascita di un figlio, matrimonio, nuovo lavoro o perdita dello stesso) a ciò va associata, come suggeriscono le più moderne ricerche sulle neuroscienze, una predisposizione genetica legata alla storia familiare.

È importante tenere presente che se da un lato il disturbo di panico è qualcosa che può nascere e svilupparsi a seguito di ciò che è stato descritto precedentemente, non è insolito che una persona media possa sperimentare in determinate situazioni qualcosa di molto simile ad un attacco di panico o un vero e proprio attacco di panico pur non soffrendo del disturbo di panico.
Quando ci troviamo a diagnosticare un disturbo di panico dobbiamo focalizzarci sulle basi cliniche che caratterizzano questo disturbo; la prima caratteristica fra tutte è la persistenza di un’intensa paura che possa succedere qualcosa di grave ed ingestibile o di subire un attacco futuro: la cosiddetta ansia anticipatoria; si può anche verificare una forte preoccupazione per qualcosa di specifico che però non è ancora accaduto.

Gli attuali studi di neuroimaging hanno dimostrato che l’errato funzionamento di alcune aree cerebrali è direttamente correlato agli attacchi di panico. In particolare Dean Mobbs dello University College di Londra ha scoperto che un’attività irregolare nella sostanza grigia centrale fa sì che i meccanismi mentali deputati alla difesa di noi stessi siano eccessivamente attivati e che quindi generino livelli elevati quanto inutili di ansia.
Esistono anche condizioni mediche correlate allo sviluppo di attacchi di panico come ad esempio: il prolasso della valvola mitrale, cioè un lieve problema cardiaco che si verifica quando una delle valvole cardiache non si chiude correttamente. Anche l’ipertiroidismo (tiroide iperattiva) o un basso livello di zucchero nel sangue (ipoglicemia). Tutte queste problematiche mediche influiscono fortemente sugli stati ansiosi e di panico che possono caratterizzare le persone.
Tuttavia non sono solo i fattori biologici ad influenzare l’emergere degli attacchi di panico, l’uso di sostanze stupefacenti o di stimolanti come amfetamine, cocaina o caffeina possono veicolare un certo stato di eccitazione che va ad impattare sull’umore generando stati d’ansia.

Infine, anche gli eventi stressanti della vita generano malessere dovuto all’ansia e si sono rivelati decisivi nelle manifestazioni di crisi di panico, soprattutto nei casi di morte, separazioni ma anche di momenti topici della vita: inizio di un nuovo lavoro o di un nuovo ciclo scolastico, perdita del lavoro o fine degli studi, matrimonio, inizio di una convivenza. Tutti “passaggi obbligati” nella vita di un individuo che però rappresentano per alcuni momenti difficili da gestire che portano ansia e profonde paure insormontabili.

La “debolezza” psichica di alcune persone, intesa come incapacità di riuscire a gestire le proprie emozioni le porta ad autosuggestionarsi fino ad autoindursi attacchi di panico rimuginando su pensieri e/o convinzioni e paure. Gli effetti degli attacchi di panico non sono solo immediati e pertanto scoraggianti, poiché vanno ad influire sulle capacità dell’individuo di relazionarsi in modo funzionale con gli altri ed il proprio ambiente, ma si snodano lungo un continuum temporale che porterà il soggetto che soffre di questo disagio a sviluppare strategie volte ad evitare persone, spazi e situazioni che potrebbero farlo stare male. Ecco che anche l’autostima ne risente poiché la qualità di vita viene notevolmente ridotta rispetto alle attività e le routine quotidiane.

Secondo l’American Association of Anxiety and Depression i sintomi più comuni di un attacco di panico sono: palpitazioni, sudorazione, tremori, sensazione di soffocamento, forte tensione relativa ad un’imminente catastrofe, paura di svenire, senso di oppressione e paura irrazionale della morte. Gli episodi di panico sono fortemente caratterizzati dalla paura dell’incertezza, un costante confronto con pericoli immaginari che flagellano la mente e si ripercuotono sul corpo con una serie infinita di sintomi difficili da descrivere. Tutto ciò che è sempre stato normale non lo è più, diventa insopportabile il rumore del clacson, intollerabili le persone, ingestibili gli spazi aperti ma anche quelli chiusi.

È importante capire che la guarigione va verso la comprensione, la consapevolezza che non si deve avere paura dei sintomi, perché un attacco di panico non uccide. Ed in questo la psicoterapia aiuta molto perché ci permette di modificare i modelli di pensiero che producono quei comportamenti disfunzionali che a loro volta contribuiscono allo sviluppo delle crisi di panico. La psicoterapia si muove lungo due assi: l’auto svelamento di sé e del proprio passato, che permette al paziente di conoscere meglio se stesso; e lo sviluppo di strategie di pensiero e comportamenti che lo aiutino ad affrontare la quotidianità e ciò che gli fa paura.
Imparare a confrontarsi con le proprie paure è importante perché si “smonta” quel pensiero negativo che ci fa vedere tutto come catastrofico.

© Dott. Pasquale Saviano
Psicologo – Psicoterapeuta