ANATOMIA DEL SORRISO

Cosa pensiamo quando vediamo una persona sorridere? È un sorriso di convenienza, sta esultando, è contenta, si sente bene? Molta importanza ha nella relazione tra gli esseri umani la comunicazione verbale, ma anche quella non verbale ha una sua valenza ed esistono tanti indici anche in un sorriso che ci possono aiutare a capire l’origine di quel sorriso.

Ridurre il sorriso alla semplice contrazione di alcuni muscoli facciali significherebbe riassumere (ed anche male) qualcosa di molto più complesso. Quando si sorride, infatti, si ha la contrazione di dodici muscoli facciali raggruppati in sei coppie ed ogni sorriso è diverso da un altro poiché il motivo che sottostà ad esso è sempre diverso, inoltre il sorriso varia anche a causa degli aspetti socio-culturali di chi lo emette. Queste sono solo alcune delle caratteristiche di un gesto che oramai si tramanda dalla nascita della socialità tra gli esseri umani e che ad ogni livello permette di far capire a chi abbiamo di fronte che non gli siamo ostili e che di noi ci si può fidare (o così dovrebbe essere).

Il sorriso, grazie all’evoluzione dell’essere umano ed all’affinamento delle sue capacità relazionali e di interazione, è utile anche a mascherare le proprie emozioni e le proprie intenzioni, proprio per la sua caratteristica di gesto universalmente riconosciuto. Ritornando a semplificare il discorso, potremmo dire che il sorriso è un comportamento espressivo attraverso cui si possono mediare sia gli aspetti emotivi che quelli sociali. Proprio perché alla base di un sorriso ci sono processi cognitivi molto complessi esso non può essere ridotto ad una semplice contrazione muscolare o ad una qualsiasi delle possibili cause che lo determinano.

Tuttavia proprio perché è facilmente replicabile e non sempre rivela ciò che si sta provando non tutti i sorrisi sono “reali” e proprio a causa della contrazione di uno o di un altro dei muscoli impiegati si può riuscire a capire se un sorriso è volontario o simulato. Mentre per le espressioni facciali che riflettono emozioni realmente provate si ha un più ampio correlato espressivo.

Quelli che per primi si occuparono di dare un valore scientifico al sorriso furono Duchenne e Darwin. Entrambi si focalizzarono sul valore della contrazione dei muscoli facciali per determinare le caratteristiche di un sorriso. Ma oltre a questo è importante tenere in considerazione la “luminosità” dello sguardo ed il grado di apertura della bocca. Nel primo caso la luminosità è legata alle contrazioni muscolari circostanti che provocano un aumento del flusso sanguigno verso gli occhi. Mentre per quanto riguarda l’apertura della bocca ci troviamo al cospetto di un indicatore molto forte di espressività; il tutto sempre legato alla contrazione dei muscoli facciali impiegati in questa pratica. L’anatomista francese ed il naturalista britannico hanno dato il via alle numerose ricerche sull’argomento.
Infatti le intuizioni e le ricerche dei due furono riprese anni dopo dallo psicologo americano Paul Ekman che focalizzò la sua attenzione sulla differenza tra sorriso spontaneo e sorriso forzato o strategico. Anche in questo caso le distinzioni che si possono fare stanno proprio nella contrazione e nella tipologia ed intensità della contrazione. Ad ogni modo egli ipotizzò quattro grandi categorie che determinano il sorriso: emozioni positive, emozioni negative, miste e sorrisi falsi.

A causa della brevissima durata di certe micro espressioni che fanno da cornice al sorriso, non è semplice né immediato rilevare che tipo di sorriso stia emettendo la persona che abbiamo di fronte, per questo gli studi si avvalgono di videoregistrazioni su cui i ricercatori ritornano in un secondo momento con più calma.
Inoltre come diceva Ekman: “Non c’è un’unica esperienza soggettiva per ogni singola emozione ma una famiglia di esperienze” (Ekman, 1985, trad. it. 1989). Tanto più chi abbiamo di fronte vivrà delle emozioni di gioia e di benessere maggiore sarà l’autenticità del suo sorriso e potrà essere preso come sorriso reale; è pertanto difficilissimo, data la complessità che sottostà ad un sorriso, percepire in pochi millesimi di secondo che “tipo di sorriso” abbiamo di fronte.

Per approfondire:
Ricci Bitti P.E., Caterina R., Garotti P.L. “I segreti del sorriso” in Psicologia Contemporanea, Mar-Apr 2000, 158, Giunti, pp. 38-47

© Dott. Pasquale Saviano
Psicologo – Psicoterapeuta