ADULTI CON AUTISMO

È ormai chiara, a livello internazionale, la pluralità dei Disturbi Autistici, così com’è altrettanto chiara un’inclusione funzionale e completa della persona con sindrome dello spettro autistico attraverso un percorso di riabilitazione ed integrazione.
Altri temi sono di grande importanza e negli ultimi anni le comunità scientifiche li stanno affrontando un po’ per volta. Uno su tutti è relativo ai problemi legati agli adulti, soli in casa con genitori sempre più anziani, senza attività lavorative, riabilitative, di tempo libero. L’esigenza che nasce è quella di proporre e discutere sia programmi di questo genere sia proposte di residenzialità adeguata.L’attenzione alle famiglie oggi diventa il focus di un dibattito aperto che miri a sviluppare una sinergia tra le famiglie, i rappresentanti delle associazioni e gli esperti.
È necessario prendere in considerazione le due sfide che oggi l’autismo propone: l’esigenza di interventi efficaci per un trattamento precoce ed intensivo dei bambini con autismo e una vita di qualità per le persone adulte: lavoro, tempo libero, educazione, luoghi di vita diversi dalla famiglia. È utile, altresì, pensare in termini di miglioramenti organizzativi e di progettazione, formazione, organizzazione, valutazione della qualità.
Non si può in un lavoro che abbia come obiettivo l’integrazione della persona con autismo durante tutto il ciclo di vita, non tener conto degli aspetti emotivi, cognitivi comportamentali dell’adulto con autismo, persone che data la loro fragilità e sensibilità hanno bisogno di maggiore sostegno ed estrema cura delle emozioni, dell’ansia, della rabbia e del dolore.Bisogna, allo stesso modo fare i conti con madri, padri, fratelli che vivono momenti di angoscia e disperazione, spaventati e frustrati dal fatto che le loro condizioni non vengono riconosciute. Non si può tuttavia non considerare il lavoro di tante persone che a vario titolo (operatori, familiari, esperti) lavorano concretamente per creare spazi, comunità, momenti e luoghi in cui ci sia un respiro per l’autistico e per la sua famiglia. Quelle stesse famiglie che oggi guardano al futuro e con angoscia e frustrazione pensano: “Cosa ci sarà dopo di noi?”, consapevoli del fatto che se da un lato gli adulti con autismo hanno molte esigenze in comune con altre persone con disabilità differenti, per la complessità della loro condizione è necessario riconoscere i bisogni specifici e sviluppare approcci particolari se si vuole parlare di progresso e reale integrazione.

Purtroppo ad oggi gli adulti con autismo, più di tante altre persone con disabilità faticano a trovare una collocazione idonea nei sistemi sociali, sanitari e di welfare, questo perché i sistemi in oggetto non riescono ancora ad elargire servizi di reale inclusione ed individuare i metodi e le strategie realmente efficaci data la caratteristica dell’autismo come disturbo a “spettro” e quindi con modalità e gradi molto diversi di manifestazione.
Attualmente la maggior lacuna dei servizi è caratterizzata da scarse forme di sostegno all’interno della comunità ed è fuori dubbio che la società incontrerà sempre più adulti con autismo così come il mondo del lavoro si troverà a confrontarsi con essi nelle loro multisfaccettature. C’è bisogno di sviluppare “ponti” tra i servizi dell’infanzia già ad un buon punto nel lavoro con i bambini autistici e quelli per adulti affinché i giovani autistici possano più facilmente superare le difficoltà nel loro percorso verso la vita adulta.

Gli interventi vanno tarati sul soggetto, ma è necessario considerarli secondo una visione multidirezionale per andare ad agire su tutti gli aspetti che caratterizzano la vita di un adulto con autismo. Uno su tutti è la necessità di incoraggiare la flessibilità e l’autonomia dell’adulto con autismo, focalizzandosi sulla cura ed educazione ai comportamenti sociali e comunicativi, infatti la mancanza di flessibilità di pensiero e di comportamento ha una notevole rilevanza in età adulta ed è alla base del modo di pensare ed agire delle persone con autismo. Ciò va ad inficiare la loro vita con la conseguenza che è la persona che si prende cura di loro a mettere in atto sforzi compensativi per sopperire a queste mancanze.

Occorre quindi tenere in considerazione questa mancanza nel progetto e programmare gli interventi che debbano contribuire al superamento di questi deficit in una prospettiva di autonomia, ma forte importanza va data alle difficoltà legate alle novità, al cambiamento, alla mancanza di spontaneità e creatività, all’immaginazione.
Un cenno va sicuramente fatto ai comportamenti stereotipati, comportamenti ripetitivi che hanno come scopo la riduzione dello stress in un mondo che effettua continue e minacciose nuove richieste, tuttavia bisogna riconoscere che il significato è ascritto al singolo individuo ed alla situazione del momento. Recenti ricerche hanno dimostrato come oltre ad essere canali di informazione sono anche canali di comunicazione e non possono essere eliminati così di punto in bianco. Anche perché essi rappresentano l’unica via in un momento – come descrivono alcuni autistici nelle loro autobiografie – di eccessiva stimolazione esterna e con i quali l’autistico si difenderebbe da un eccesso di reattività.
Bisogna entrare nell’ottica che non abbiamo a che fare con comportamenti ostinati né volontari, anche se così potrebbe sembrare all’occhio poco esperto, ma ci troviamo di fronte ad un deficit centrale che nega l’accesso al proprio pensiero ed alla capacità di riflettere su di esso.

Il comportamento dell’autistico ha una profonda ricaduta sulle relazioni. Pensiamo ad esempio al nostro comportamento quando incontriamo una persona per la prima volta, ci relazioneremo con lei con modelli comunicativi acquisiti, ma che terranno conto anche dell’età, del sesso e dello stato di chi abbiamo di fronte, metteremo in atto una serie di automatismi che daranno forma alle interazioni successive. Nel caso di persone con sindrome dello spettro autistico ciò non accade. Infatti gli adulti con autismo incontrano notevoli difficoltà nell’interpretare i segnali sociali, ciò a causa dei deficit comunicativi che inevitabilmente inficiano le capacità di riconoscere i segnali sociali convenzionali (stretta di mano, sorriso, tono di voce e tutte quelle interazioni relazionali basate su risposte astratte). Gli adulti con autismo presentano una specifica incapacità nel riconoscere i messaggi che sono impliciti nel modo in cui gli altri si presentano.

Un’altra problematica da tenere in considerazione è che l’autismo è un disturbo pervasivo dello sviluppo e non una malattia, tuttavia le persone con autismo sono predisposte a patologie sia fisiche che mentali. Date le caratteristiche psichiche degli autistici sono più difficili la diagnosi ed il trattamento di problematiche che sarebbe molto più facile trattare in soggetti normali (problemi ai denti, problemi oculari, uditivi, gastrici, ecc.) proprio per la loro incapacità di riportare una sintomatologia in modo chiaro. Gli adulti con autismo hanno bisogno di accedere a servizi medici e psichiatrici competenti sulle difficoltà ed i disturbi connessi a questa condizione, ciò per poter programmare le modalità di intervento più consona (si pensi ad una visita odontoiatrica, o oculistica), meno invasiva e meno ansiosa per loro.

In conclusione: il lavoro con l’autismo, benché faccia notevoli passi avanti nell’intervento e trattamento con i bambini, risulta ancora ad uno stadio iniziale nell’approccio con gli adulti, sia in termini di tecniche utilizzate che in termini di conoscenze. Maggiore impulso viene soprattutto dai genitori che vivono la quotidianità della sindrome nel rapporto con i figli e stimolano ricerche e metodologie sempre nuove. È necessario che le istituzioni si muovano nel pubblico e nel privato affinché si cerchi di educare tutti sui bisogni delle persone con autismo, promuovendo e facilitando percorsi di riabilitazione ed inserimento degli adulti con autismo. Occorre creare strutture e percorsi ad hoc che tengono conto delle peculiarità della sindrome e delle persone.

L’opzione residenziale rappresenta una delle possibilità da mettere in atto anche se risulta spesso costosa, in tutti i sensi. Ma percorsi di inserimento lavorativo sono auspicabili e possono essere progettati soprattutto con autistici ad alto funzionamento affinché essi trovino una dimensione di autonomia basata sulle competenze acquisite.

© Dott. Pasquale Saviano
Psicologo – Psicoterapeuta